Dal 21 dicembre scorso, alla Esplodenti Sabino di Casalbordino tutto è rimasto immobile. Nella fabbrica abruzzese attiva da 50 anni, l'orologio sembra essersi fermato un attimo dopo la deflagrazione che ha spezzato le vite di Carlo Spinelli, Paolo Pepe e Nicola Colameo, I tre padri di famiglia non hanno avuto scampo. Uccisi mentre a fine turno stavano maneggiando una cassetta di razzi di segnalazione per barche. Un’operazione quasi di routine che si è trasformata in una tragedia. Non sono servite le ambulanze partite, a sirene spiegate, dai vari ospedali della provincia e neppure l'elisoccorso. Sono saltati in aria. Sono stati dilaniati.
Il blocco delle attività. Dopo l'incidente, lo stabilimento è finito sotto sequestro. Sulla vicenda sono ancora in corso le indagini della Procura della Repubblica di Vasto: le ipotesi di reato sono di omicidio colposo, disastro e danno colposo con l’iscrizione sul registro degli indagati dei vertici dell'azienda per illeciti amministrativi. Il 24 dicembre scorso, per il titolare, Gianluca Salvatore, è arrivata anche la sospensione della licenza d’esercizio disposta dalla Prefettura di Chieti. "Senza licenza è impossibile riprendere a lavorare – sottolinea Emilio Di Cola della Filctem Cgil di Chieti – . Così al dramma delle famiglie delle vittime, si unisce quello degli 80 dipendenti che da più di un mese non lavorano né sanno se e quando potranno tornare nella fabbrica che smaltisce proiettili e cariche esplosive". L'azienda ha tentato di accedere agli ammortizzatori sociali ma, dopo la sospensione della licenza, l'iter si è trasformato in un percorso a ostacoli.
Senza lavoro, senza prospettive. "Nelle scorse settimane – prosegue Di Cola – abbiamo sollecitato la proprietà a garantire i salari. Ora, grazie all'anticipo delle ferie, ai lavoratori è stata erogata la paga di gennaio. Una soluzione effimera perché senza lo sblocco del sequestro e senza il riconoscimento della cassa integrazione, le cose potrebbero complicarsi". L'amministratore delegato ha fatto istanza alla Procura della Repubblica per ottenere il mantenimento del fermo esclusivamente sull'area interessata dall'incidente e permettere la riapertura degli altri impianti, ma nessun atto ufficiale è seguito alla richiesta.
Un'ulteriore denuncia. Ad aggravare la situazione c'è l'esposto presentato presso la Procura della Repubblica di Vasto dal segretario regionale di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo. Nella querela vengono segnalate una serie di incongruenze sugli adempimenti in materia ambientale e di sicurezza. Vengono espressi dubbi sulla validità delle autorizzazioni per la gestione dei rifiuti, per le emissioni in atmosfera e sull’osservanza della cosiddetta Direttiva Seveso sul rischio di incidenti rilevanti. Acerbo segnala come, nel corso degli anni, sarebbero state apportate modifiche all’impianto mai sottoposte a valutazione di impatto ambientale, privando la società dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), il provvedimento che stabilisce le condizioni di svolgimento delle attività al fine di prevenire e ridurre l'inquinamento.
Dalla parte del lavoro e della sicurezza. Per Emilio Di Cola il momento è particolarmente delicato: "Abbiamo il dovere di rispondere alle richieste delle famiglie delle vittime e dei lavoratori ancora in forze alla Esplodenti Sabino. A noi sta a cuore che la magistratura chiarisca la dinamica dell'incidente per poter riaprire l'azienda, in sicurezza e rispettando tutte le norme, nel rispetto di quanto accaduto e affinché gli 80 lavoratori, oggi senza stipendio né cassa integrazione, possano tornare alla normalità". Intanto, ogni mattina, i dipendenti continuano a darsi appuntamento davanti ai cancelli, per dare un segnale a società e inquirenti, in attesa di ricevere una risposta alla lecita richiesta di riprendere le attività.