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“Il disegno di legge sull’equo compenso per le prestazioni professionali, fermo al Senato, così come è delineato, non è utile ai lavoratori autonomi”. Ad affermarlo, in una nota, la Cgil nazionale.
“Si tratta di un’opportunità che - spiega la Confederazione - poteva essere meglio sfruttata e invece permangono alcune severe criticità che non possono essere sottovalutate: i criteri per la definizione della platea dei destinatari, la mancata esplicitazione dei parametri economici e la non inclusione delle associazioni di rappresentanza dei professionisti autonomi come definite dalla L.81/2017 e delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative”.
Per la Cgil "grave anche l’impostazione che ravviserebbe nella violazione dell’equo compenso una causa di illecito disciplinare deontologico a carico dei professionisti iscritti agli ordini, determinando così una colpa a carico del lavoratore e un’ulteriore demarcazione tra professionisti iscritti agli ordini e professionisti privi di ordine”.
“L’universo dei lavoratori e delle lavoratrici autonomi (ordinisti e non), che raccoglie oltre tre milioni di persone tra iscritti alle Casse professionali e alla Gestione Separata Inps, racchiude professioni e settori ancora oggi parcellizzati e sotto considerati, per i quali - sottolinea il sindacato di corso d’Italia - la crisi pandemica ha prodotto un peggioramento delle condizioni economiche e lavorative. Una legge che non ascolta le istanze e le richieste provenienti dai soggetti che rappresentano queste lavoratrici e questi lavoratori non può essere da noi appoggiata”.
“Nonostante osserviamo la volontà di costruire un’attenzione specifica relativamente al compenso dei professionisti, non possiamo dirci soddisfatti del contenuto in discussione. I professionisti autonomi meritano tutele a tutto tondo, come la Cgil ribadisce da tempo, anche con la Carta dei Diritti universali del lavoro che - ricorda in conclusione la Cgil - ha dato vita alla proposta di legge ancora oggi ferma in Parlamento”.