PHOTO
Le lavoratrici e i lavoratori di Elica, protagonisti della grande lotta durata più di otto mesi, hanno approvato con oltre il il 90% di sì l’ipotesi di accordo, siglata presso il Mise, lo scorso 9 dicembre. "Una mobilitazione forte e costante, capace prima di respingere il piano del 31 marzo che vedeva il completo disimpegno dell’azienda dall’Italia, poi, di sostenere la proposta presentata dagli stessi lavoratori, impegnando invece sul territorio la stessa Elica e la sua proprietà per i prossimi anni con un’operazione di carattere industriale, che ha ribaltato del tutto le logiche finanziarie con cui l’impresa aveva avviato la discussione. Un accordo che ha voluto costruire un vero e proprio progetto capace di guardare al futuro, con linee programmatiche condivise, finalizzate alla realizzazione di un piano che dovrebbe diventare un modello per politiche industriali diverse, in controtendenza con quanto sta avvenendo in maniera drammatica nel Paese", sostiene la Fiom Cgil di Ancona in una nota.
"L’Italia così torna ad essere veramente centrale nelle strategie della multinazionale, non solo perché sede del quartier generale, ma soprattutto da un punto di vista produttivo, con un'importante operazione di reshoring dalla Polonia di circa 200.000 cappe, soprattutto di alto di gamma, con l’impegno di destinare allo stabilimento di Mergo tutte gli sviluppi di prodotto futuri dello stesso segmento e accorpandoci le produzioni dello stabilimento di Cerreto d’Esi, in particolare il prodotto di punta Nikola Tesla, che invece erano destinate all’Est Europa, dove erano, infatti, già state avviate le produzioni. Al tempo stesso, il sito di Cerreto sarà oggetto di reindustrializzazione che, insieme al reimpiego del personale, esclusivamente su base volontaria e incentivata, garantirà i livelli occupazionali sul territorio: su questo, sarà fondamentale avviare al più presto un confronto per verificare i termini precisi e mettere le persone nelle condizioni di poter fare la scelta più giusta, in base alle proprie esigenze e necessità; sono già iniziati i primi contatti con le amministrazioni locali più attente ed interessate", prosegue il sindacato.
"L’utilizzo dell’ammortizzatore sociale riguarderà una platea molto ampia ma sarà esclusivamente propedeutico alla realizzazione del piano industriale, per una durata massima di 36 mesi, con verifica entro i 24 mesi: non ci saranno persone messe in cassa integrazione a zero ore, ma saranno garantite a tutte/i almeno 30 ore di lavoro settimanali, con integrazioni salariali da parte dell’azienda, sotto forma di buono pasto di sei euro al giorno e con la maturazione integrale di ferie e permessi, in quanto dentro un progetto che rende l’azienda più competitiva e performante, non possono essere sicuramente le persone che lavorano ad essere penalizzate: l’ammortizzatore sociale serve per accompagnare e sostenere un progetto industriale, e non per assistenzialismo, che nel momento delle sua realizzazione dovrà prevedere uno stabilimento con almeno 400 persone Fte (full time equivalent), con una gamma di prodotti diversa rispetto a quella degli ultimi anni, con un mix produttivo più ricco, che sia in grado di mettere in sicurezza il più possibile lo stabilimento. Le persone che nella vigenza del contratto di solidarietà, più i periodi di 24 mesi massimi di Naspi, avranno raggiunto i requisiti pensionistici, potranno lasciare il lavoro, avendo comunque garantito il 100% della retribuzione fino al momento della pensione; così come, per chi volesse lasciare l’azienda in maniera autonoma e volontaria, sarà previsto un incentivo all’esodo di 75.000 euro, fermo restando il numero minimo di personale di 400 unità, che sono quelle necessarie a rendere sostenibile una fabbrica da un punto di vista industriale e indispensabili per la realizzazione dei prodotti che poi dovranno essere venduti sui mercati", aggiungono le tute blu della Cgil.
"Se alla fine del piano non si sarà arrivati al numero di uscite, dichiarato dall’azienda, si procederà a confrontarsi su strumenti come il contratto di espansione, che prevedono percorsi di prepensionamento fino a cinque anni, prevedendo però anche un adeguato turn over con la staffetta generazionale, con l’obiettivo di ringiovanire la fabbrica, preservare i livelli di organici, le professionalità esistenti e quelle che serviranno in futuro. Per il prossimo biennio, sono previsti investimenti in prodotto e processo per 7,5 milioni e percorsi formativi necessari alle nuove tipologie di produzione e alla mobilità fra reparti, che servirà a garantire lavoro a tutte le persone che resteranno in Elica. Inoltre, viene istituito un modello partecipativo di controllo e verifica dell’applicazione dell’accordo, sia a livello territoriale con incontri trimestrali, ma soprattutto in stabilimento, dove azienda e Rsu s'incontreranno con cadenza almeno mensile, o su richiesta di una delle parti, per instaurare un rapporto di corrette relazioni industriali, all’interno del quale lavoratrici e lavoratori potranno dire il loro punto di vista, che dovrà essere tenuto in considerazione nelle scelte che si andranno a fare, confrontandosi continuamente su temi che sono la vita della fabbrica, come: l’organizzazione del lavoro, progetti formativi, sviluppo dello stabilimento e monitoraggio degli investimenti, operazioni di reshoring, utilizzo dell’ammortizzatore sociale, livelli occupazionali", rileva ancora il sindacato.
La Fiom ritiene quello siglato con Elica "un accordo molto importante, arrivato alla fine di un periodo molto difficile e duro,, dove a vincere è stato esclusivamente il territorio e il Paese in generale, grazie al cuore, alla passione, alla forza delle lavoratrici e dei lavoratori, che con la loro grande lotta sono riusciti a invertire un paradigma e hanno voluto indicare una strada diversa da seguire rispetto alle logiche speculative che stanno travolgendo il mondo del lavoro in Italia, contro cui le persone vengono quasi sempre lasciate sole, mentre ci sarebbe davvero bisogno di scelte coraggiose da parte di chi governa".