Manca un mese alle elezioni per il rinnovo delle Rsu in tutti i settori della pubblica amministrazione, si vota i prossimi 14-15-16 aprile. Con Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil, facciamo il punto sulla campagna elettorale e sui rinnovi contrattuali.

Continua la polemica su quanto i lavoratori e le lavoratrici di alcuni settori pubblici perderebbero per la mancata firma dei contratti. Poi però si scopre che quelli delle funzioni centrali, che hanno avuto il rinnovo del contratto separato, hanno una busta paga più leggera di quella sia del mese scorso che dell'anno scorso. Che sta succedendo?
Sta accadendo ciò che avevamo denunciato all'indomani della firma separata del contratto delle funzioni centrali. Il rinnovo di quel contratto è fortemente condizionato dalle scelte che il governo ha fatto in maniera totalmente unilaterale, la prima quella di erogare un'indennità di vacanza contrattuale potenziata del 6.7, la seconda di fare un decreto sugli anticipi contrattuali fino al 50%, queste due scelte hanno ridotto l'effetto del rinnovo contrattuale sulle buste paga, gli incrementi contrattuali sono stati in gran parte assorbiti dall’anticipo contrattuale.

© Simona Caleo/Cgil
© Simona Caleo/Cgil
© Simona Caleo/Cgil

Sono penalizzati anche dalla stabilizzazione del cuneo fiscale?
Esatto, il passaggio dal meccanismo della decontribuzione alle forme di detrazione fiscale per i lavoratori dipendenti, deciso dal Governo Meloni nella legge di bilancio, prendendo a riferimento il reddito fiscale e non l'imponibile contributivo, penalizzerebbe notevolmente i dipendenti pubblici. Laddove sono state già adeguate le buste paga, si vedono gli effetti del passaggio dalla decontribuzione alla detrazione, e sono negativi. Ovviamente tutti questi effetti si sarebbero prodotti anche per i contratti della sanità ed enti locali – qualora fossero stati firmati -, che hanno avuto anche loro l'anticipo contrattuale e l'indennità di vacanza contrattuale potenziata.

L'aumento contrattuale, che appunto è già stato per metà assorbito perché erogato come anticipo, è largamente inferiore a quanto l’inflazione di questi anni ha eroso le buste paga
Esattamente. Il governo ha scelto di bloccare la rivalutazione del salario dei dipendenti pubblici al 5,78% di fronte a un'inflazione che ha superato il 16,5. E ha deciso di bloccare per tre rinnovi contrattuali, quindi anche 2025-27 e 2028-30, il valore dell'incremento massimo possibile. Di fatto con tre contratti e in 9 anni non si recupera l'inflazione cumulata solo nel 2022-24. Per questo continuiamo a dire che il Governo Meloni sta programmando la riduzione degli stipendi dei dipendenti pubblici, non solo in questo contratto, ma anche per i prossimi anni.

Poi c'è la questione del contratto e del salario dei lavoratori e delle lavoratrici degli enti locali
Anci e Upi hanno scritto al governo chiedendo un incontro insieme alle organizzazioni sindacali per discutere di come trovare una soluzione per dare la giusta valorizzazione e riconoscimento economico ai dipendenti delle funzioni locali, e anche la Conferenza delle regioni ha scritto un'analoga lettera dove oltre il tema delle autonomie locali c’è anche quello del rinnovo del contratto della sanità. La media delle retribuzioni dei dipendenti delle funzioni locali è la più bassa di tutto il settore pubblico. Questo crea una sperequazione tra lavoratrici e lavoratori che svolgono un servizio essenziale, che hanno una funzione fondamentale sovraintendendo ai servizi delle comunità, al funzionamento delle nostre città, ai servizi educativi, alla polizia locale, all'assistenza sociale, ai servizi ad alto contenuto avanzato. È chiaro che se si indicizza lo stesso valore di incremento salariale per tutti, partendo da stipendi differenziati, si allarga sempre di più questa forbice. Aspettiamo che il ministro ci convochi per capire come insieme riuscire a trovare una soluzione a questa diseguaglianza intollerabile.

Non sarà che, mentre il ministro Zangrillo dice di bandire tanti concorsi, in realtà si sta lavorando a una mortificazione, a un restringimento del perimetro pubblico?
Non c'è dubbio che l'obiettivo politico sia quello di ridurre lo spazio presidiato dal sistema pubblico, immaginando poi che la soluzione possa essere da un lato l'esternalizzazione, e dall'altro anche l'allargamento della precarietà. Non a caso nel dl Pa vediamo un tentativo di allargare le maglie del ricorso alla precarietà, soprattutto introducendo l'apprendistato negli enti locali e dall'altro non mostrando nessuna volontà di costruire norme per la stabilizzazione. È bene ricordare che la legge Madia è scaduta e non è stata prorogata, e in più ci sono tutti i precari del Pnrr che non hanno certezza di quale sarà il loro futuro. A me pare abbastanza evidente che la scelta che sta facendo il governo sia quella di disinvestire nell'occupazione pubblica. Al di là della propaganda contano i fatti.

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In tutto questo si inserisce la campagna elettorale per il rinnovo delle Rsu. A che punto siamo?
Entro il 14 marzo dobbiamo presentare le candidate e i candidati in tutti i luoghi di lavoro pubblici, sono quasi 12.000 le sedi Rsu di funzioni locali, funzioni centrali e sanità chiamati al voto. È un grande appuntamento democratico, di partecipazione. Questo è possibile perché nella pubblica amministrazione abbiamo una legge che consente alle lavoratrici e lavoratori di scegliere i propri rappresentanti e di delegarli a svolgere la funzione anche della contrattazione. Per noi questi due temi sono assolutamente inscindibili, oggi rafforzare la posizione della Cgil anche nelle elezioni della Rsu, significa rafforzare la posizione di quelle organizzazioni che ai tavoli della contrattazione dimostrano di tutelare al meglio i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del settore pubblico e anche di fare sindacato per davvero.

C’è un nesso tra la non sottoscrizione del rinnovo dei contratti e l'elezione dell'Rsu?
Le organizzazioni fanno i contratti per le lavoratrici e i lavoratori. Il perimetro del contratto deve essere acquisitivo in termini di diritti, ma anche in termini economici e laddove noi verifichiamo che queste due condizioni non si realizzano, abbiamo il dovere non solo di chiedere di continuare la trattativa per ottenere un giusto contratto, ma anche di far valere la rappresentatività come un elemento di garanzia per la maggioranza di quelle lavoratrici e di quei lavoratori che oggi continuano a chiederci di portare a casa un risultato dignitoso per la loro professionalità, e che dia valore a chi opera nel servizio pubblico. Rappresentanza e contrattazione sono fortemente legati, sia perché la legittimazione a contrattare viene dall'essere rappresentativi, sia perché più siamo rappresentativi più possiamo rafforzare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori all'interno della trattativa collettiva.

Come si dipanerà questa campagna elettorale?
Al centro della nostra campagna elettorale c’è il piano straordinario per l'occupazione della pubblica amministrazione, potenziamento degli organici per garantire migliore qualità del lavoro a chi oggi è già nella pubblica amministrazione, ha carichi di lavoro insostenibili e vede peggiorare le condizioni di lavoro, anche in termini di salute, sicurezza e benessere psicofisico. Il secondo punto è chiaramente quello della tenuta salariale. Più noi lavoriamo per incrementare i salari dei dipendenti pubblici, più noi diamo valore al settore pubblico. Terzo elemento, rafforzare la contrattazione. Continuiamo a lavorare non solo per rimuovere i tetti di spesa e i blocchi alla contrattazione, in particolar modo quella di secondo livello per riaffermare tutti quegli strumenti che la contrattazione deve poter riconquistare e che garantiscono qualità del lavoro.

Un altro punto entrale è la progressione di carriera?
Per noi va posta una grande attenzione a tutti quegli strumenti che consentono ai dipendenti pubblici di vedere ricostruito il percorso di carriera. È impossibile pensare che nell'amministrazione pubblica si entri per concorso e si esca alla fine di un'intera carriera lavorativa che andrà oltre i 42 e 43 anni senza mai vedere modificato il proprio inquadramento. L'annuncio del ministro Zangrillo di presentare un “decreto merito” in cui, ad esempio, possono essere i dirigenti a segnalare ai propri collaboratori e garantire loro progressioni di carriera, in particolar modo l'accesso alla dirigenza, lo riteniamo un meccanismo molto pericoloso perché sostituisce la contrattazione, la trasparenza, l'equità con la discrezionalità. Non è la pubblica amministrazione che noi vogliamo.

Infine, anche l'appuntamento per l'elezione dell'Rsu è un baluardo per difendere la democrazia?
Assolutamente sì. Oggi dare valore alla rappresentanza nei luoghi di lavoro significa aumentare i luoghi di partecipazione democratica, ma soprattutto aumentare quei luoghi dove i lavoratori attraverso i loro delegati possono incidere sulle scelte che condizionano il loro lavoro. E visto che parliamo di servizi pubblici, è bene ricordare che la tenuta delle istituzioni democratiche si poggia su una pubblica amministrazione di qualità, su una democrazia praticata e su una partecipazione diffusa in tutti i luoghi di lavoro. È che da anni facciamo una battaglia insieme alla Cgil per estendere la legge sulla rappresentanza a tutti i settori e per estendere un modello anche modello di partecipazione democratica al settore pubblico la possibilità di ricorrere al referendum previsto dalla legge 300. Se le lavoratrici e i lavoratori potessero scegliere e votare sugli accordi e sui contratti, probabilmente non ci saremmo trovati di fronte alla situazione complicata e difficile da gestire che abbiamo registrato nei contratti 2022-24. Ecco, per noi la sfida della democrazia è rafforzare la possibilità di espandere la legge sulla rappresentanza a tutti i settori anche privati, ma importare nel sistema pubblico la possibilità che le lavoratrici e lavoratori possano sempre esprimere la loro opinione su accordi e contratti.

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