Dopo mesi di dibattiti, polemiche, modifiche e un iter estenuante lungo tre anni, la cosiddetta direttiva rider che regola il lavoro su piattaforma è stata finalmente approvata in via definitiva dal Consiglio dell'Unione. Un passo importante nella tutela dei diritti dei lavoratori, una svolta: quasi 28 milioni di gig worker europei, che secondo le stime Ue diventeranno 43 milioni entro il 2025, potranno fare affidamento su maggiori tutele, trasparenza degli algoritmi, supervisione umana nelle decisioni e nei processi.

Due anni per recepire

Adesso spetta agli Stati membri trasporre la direttiva nei sistemi giuridici nazionali entro due anni, adottando una legge che ne integri i principi. E questa è una partita tutta da giocare, almeno in Italia. Normalmente, infatti, il recepimento delle direttive europee avviene attraverso decreti legislativi di origine governativa. Quindi bisognerà vedere che cosa farà questo esecutivo, che già in passato ha trovato escamotage per lasciare tutto com’era.

“Per questo è necessario monitorare e fare in modo che la direttiva venga recepita anche con il coinvolgimento delle parti sociali, come d’altronde prevede la legge – afferma Nicola Marongiu, responsabile area contrattazione, politiche industriali e del lavoro della Cgil -. Questo processo deve essere svolto in modo completo e ambizioso, garantendo che i diritti dei lavoratori su piattaforma vengano realmente rafforzati. È fondamentale che il recepimento della direttiva non venga realizzato in modo parziale o inefficace, rischiando di vanificare le conquiste ottenute in questi anni grazie alle mobilitazioni sindacali, al contenzioso giuridico-legale e in ultimo all’importante accordo raggiunto in sede ministeriale con Uber Eats”.

Chi sono?

Autonomi, a chiamata, parasubordinati rischiano quindi di avere inquadramenti e diritti diversi a seconda del Paese in cui prestano la loro opera. Chi sono i lavoratori delle piattaforme digitali? Tra i mestieri più comuni la Commissione indica tassisti (39 per cento), rider e autisti per la consegna di cibo, servizi di trasloco o ritiro di generi alimentari (24 per cento), servizi a domicilio di pulizia o lavori manuali (19 per cento), servizi professionali (7 per cento), freelance grafici (6 per cento), babysitter, operatori socio-sanitari, badanti (3 per cento), etichettatura (2 per cento).

Punti chiave

Ma quali sono i punti chiave della direttiva? “Per la prima volta la piattaforma è considerata un datore di lavoro, non un semplice intermediario tra utenza e lavoratori – prosegue Marongiu -. Quindi un soggetto che ha obblighi assicurativi e contributivi. Moltissime piattaforme si limitano mettere in connessione domanda e offerta ed è l’utente finale a contrattualizzare il lavoratore. Una vera rivoluzione per i 600 mila operatori della gig economy in Italia. La direttiva prevede invece che la sottoscrizione del contratto, la retribuzione, l’assicurazione, i doveri di comunicazione siano in capo alla piattaforma. Naturalmente bisognerà poi vedere come la nuova disciplina europea verrà trasposta nel nostro ordinamento”.

Presunzione di subordinazione

L'articolo 5 stabilisce che si presume la natura subordinata del rapporto contrattuale tra una piattaforma digitale e il lavoratore, quando si riscontra un potere di controllo o di direzione. Non è necessario che si verifichino entrambi i poteri, è sufficiente che ce ne sia uno per far scattare la presunzione di subordinazione. Questo comporta un'inversione dell'onere della prova, per cui sarà la piattaforma a dover dimostrare che il lavoratore è autonomo.

Trasparenza degli algoritmi

La direttiva impone alle piattaforme di garantire la trasparenza sull’uso degli algoritmi che influenzano l’organizzazione del lavoro e le condizioni contrattuali. I lavoratori e i loro rappresentanti sindacali hanno il diritto di ricevere informazioni dettagliate su come vengono raccolti e trattati i dati, sulle decisioni prese dai sistemi automatizzati e sui principali parametri utilizzati dagli algoritmi.

Inoltre, ogni volta che il sistema viene cambiato, o quando i rappresentanti lo richiedono, l'azienda deve fornire queste informazioni prima dell’introduzione di modifiche. Questo diritto si estende anche all'accesso alle informazioni in qualsiasi momento, su richiesta dei rappresentanti dei lavoratori.

Controllo umano

Le decisioni fondamentali che influenzano il rapporto di lavoro, come il licenziamento o la sospensione, non possono essere affidate esclusivamente agli algoritmi: deve essere sempre garantito l'intervento di una persona fisica. Questo controllo umano mira a evitare che i lavoratori siano penalizzati da decisioni prese autonomamente dalla piattaforma, garantendo trasparenza e correttezza.

Contrattazione collettiva

I sindacati dovranno essere coinvolti nella determinazione dei parametri che regolano l'algoritmo, garantendo che i diritti dei lavoratori siano tutelati durante l'intero processo. Inoltre, nelle aziende con più di 250 dipendenti, i sindacati hanno il diritto di avvalersi di un esperto tecnico, a carico dell'azienda, per facilitare la comprensione del funzionamento degli algoritmi e garantire che questi rispettino i diritti dei lavoratori.

Rappresentanza sindacale

L'articolo 19 riconosce ai sindacati e ad altri soggetti con legittimo interesse il diritto di avviare procedimenti giudiziari o amministrativi per far valere i diritti previsti dalla direttiva, in conformità alle prassi e al diritto nazionale.

Ciò significa che i sindacati o altre entità di rappresentanza possono agire legalmente per assicurarsi che la direttiva e le relative leggi nazionali di implementazione vengano applicate. Questo potere legale è cruciale per il sindacato, in quanto permette di fare pressione sulle piattaforme affinché rispettino i diritti dei lavoratori.