Reclutati su Facebook, o Telegram, o WhatsApp. Risucchiati nel sistema illegale del caporalato non più soltanto da furgoni e passaparola, ma anche con smartphone e social network. Il caporalato nell’edilizia si aggiorna, si digitalizza. Ma i suoi effetti restano quelli deleteri di sempre. E le sue vittime sono sempre le stesse: immigrati, forza lavoro ricattabile e fragile. È il succo della denuncia lanciata da Alem Gracic, segretario generale della Filca Cisl di Milano, e ripresa nei giorni scorsi dai media.

Il fenomeno del caporalato digitale, per la Filca, è in crescita e arruola il 60 per cento dei manovali. A Milano, città regina del boom edilizio, la questione è più vistosa che altrove e – sempre fonte Filca – riguarda soprattutto gli immigrati, il 70 per cento di loro costituito da egiziani.

Il caporalato è “anche” social da almeno 10 anni

“In base alla nostra conoscenza e analisi del fenomeno, legata certamente al nostro punto d’osservazione, riteniamo che i social rappresentino ormai da 10 anni solo un ‘acceleratore’, ossia un vettore ‘efficace’ per intercettare e reclutare facilmente operai migranti”, ci spiega Katiuscia Calabretta, segretaria generale della Fillea Cgil Lombardia. “Tuttavia – precisa Calabretta – soprattutto nelle grandi città della Lombardia il sistema rimane assai articolato e complesso. La filiera che porta al reclutamento nella maggior parte dei casi ha inizio nel Paese d’origine. Mi riferisco chiaramente ai lavoratori immigrati che ad oggi rappresentano la maggioranza degli operai del settore”.

Il fenomeno egiziano

La Fillea conferma, in base ai dati della Cassa edile di Milano, che “il numero degli operai edili egiziani nel settore supera di gran lunga quello degli italiani. Sappiamo – spiega sempre Calabretta – quanto sia complicato entrare regolarmente in Italia, pertanto il caporale-datore di lavoro generalmente è un connazionale. Ci sono ragazzi che pagano il caporale per venire a lavorare in Italia. In base alla nostra casistica si tratta di giovani di appena 20 anni, che non conoscono la lingua e il mestiere, e si trovano in una totale situazione di fragilità”. 

I vecchi strumenti non sono archiviati

Il reclutamento, insiste però Calabretta, nella maggior parte dei casi “avviene ancora all’interno della comunità d’origine, con il passaparola o sempre nelle piazze. I social hanno semplicemente agevolato il percorso. L’operaio migrante arrivato in Italia in una situazione di emergenza spesso si sente incastrato dalla sua stessa comunità di appartenenza. Il lavoro c’è e il contratto è apparentemente regolare, ma dietro potrebbe nascondersi un ricatto. In realtà molti devono restituire al caporale gran parte del loro stipendio”. 

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Come contrastare il caporalato

Per la dirigente sindacale “la questione non è solo come si reclutano ma il punto sostanziale è cosa si può fare per contrastare il fenomeno”. La Fillea ha messo in campo diverse iniziative di contrasto: “A Milano è partita un’attività piuttosto strutturata con la Prefettura, realizzata in collaborazione con diversi soggetti ispettivi come Inps, Ispettorato del lavoro, Inail, Ats, Guardia di Finanza e altri insieme alle parti sociali del settore. I sindacati hanno la possibilità di segnalare tutte le situazioni anomale e non regolari. La segnalazione va direttamente alla Prefettura che attiva la task force”. 

La Fillea Cgil di Milano, ci dice Calabretta, “è uno dei soggetti più attivi con il maggior numero di segnalazioni. I nostri funzionari sono costantemente nei cantieri. Anche se non sempre possono entrare, hanno modo di osservare se vi siano i primi segnali di irregolarità o di violazioni delle misure di sicurezza. Di molte cose te ne accorgi anche all’ingresso di un cantiere. Cerchiamo dove è possibile di metterci in contatto con gli operai, senza sottoporli a rischio”.

“Quando come sindacato riusciamo ad accedere – prosegue la numero uno della Fillea Lombardia –, ci rendiamo conto della situazione. Se c’è il sospetto di gravi anomalie si mandano foto e segnalazioni alla Prefettura. Dopo questa prima fase la Prefettura accoglie la segnalazione e la indirizza per competenza ai soggetti ispettivi. Nel caso in cui il cantiere sia di particolare rilevanza si organizza una task force che verifica direttamente ‘in loco’. A questo punto, se si riscontrano irregolarità, succede anche che l’attività venga sospesa, oltre che sanzionata”.

TORINO PERIFERIA FOTO DI © DARIO FUSARO/SINTESI TURIN OUTSKIRTS
TORINO PERIFERIA FOTO DI © DARIO FUSARO/SINTESI TURIN OUTSKIRTS
FOTO DI © DARIO FUSARO/SINTESI

Formazione, prevenzione, consapevolezza

Prosegue il racconto a 360 gradi di Calabretta: “Con la scuola edile organizziamo e promuoviamo corsi in lingua con mediatori culturali su sicurezza e formazione di primo ingresso in cantiere”. Anche perché “la maggior parte dei ragazzi non ha nessuna idea di come funzioni un cantiere e di quali siano i propri diritti. Da diversi anni la Fillea Cgil ha inserito sindacalisti di madre lingua araba o di altre nazionalità. Inoltre stiamo lavorando alla creazione di una banca dati interna, una sorta di ‘blacklist’ delle imprese a ‘rischio caporalato’”. 

“Ma consideriamo fondamentale, anche alla luce del dibattito di questi giorni sullo ius soli e ius scholae, che a livello governativo sia urgente un intervento strutturale per cambiare la normativa di accesso in Italia. In questa cornice l’inserimento lavorativo può rappresentare una vera arma di ricatto, che non possiamo escludere agevoli e nutra fenomeni di criminalità organizzata. Pertanto riteniamo fondamentale l’attivazione di un percorso reale di integrazione”, conclude Calabretta.

La paura e il ricatto

“Nel 2024 non dovrebbe fare più notizia che il reclutamento possa avvenire anche attraverso i social o gruppi WhatsApp”, osserva invece Riccardo Piacentini, segretario generale della Fillea Cgil di Milano. “In onestà ci dobbiamo dire che i lavoratori disposti a denunciare fenomeni di caporalato sono pochi e le motivazioni sono diverse: timore delle conseguenze e forti condizionamenti legati alla comunità di appartenenza e nazionalità, scarsa conoscenza dell’attività di tutela dei sindacati”.

“Altro dato concreto - argomenta Piacentini - nel 2023 come Fillea Cgil abbiamo presentato alla Prefettura di Milano 49 segnalazioni, nel 2024 all’incirca 15. Ci auguriamo, che anche le altre parti sociali sia sindacali che datoriali, presenti al tavolo della Prefettura siano altrettanto attive nella lotta al caporalato”.

L’effetto del bonus edilizio

Anche Piacentini conferma il dato riguardo agli egiziani sfruttati nel settore: “Sono la comunità di gran lunga prevalente a Milano - spiega ancora il segretario – e sono stati maggiormente coinvolti nei cantieri aperti col bonus edilizio del 110 per cento. Sono localizzati in tutti i cantieri di Milano e provincia. La loro esigenza stringente oltre al salario, ovviamente è quella abitativa, se pensiamo a quartieri ad alta concentrazione come San Siro e Via Padova. Come Fillea Cgil abbiamo cercato recentemente una collaborazione con gli enti bilaterali e il Comune per soluzioni abitative più adeguate”. 

Un dialogo difficile con l’amministrazione comunale

Per Piacentini occorre fare “una battaglia alla radice per cercare di contrastare e promuovere l’estensione delle regole dai cantieri pubblici a quelli privati attraverso: controllo del committente, agibilità sindacali, riduzione dei livelli di subappalto, applicazione del contratto edile. Qui a Milano la vera emergenza è dialogare con il sindaco Sala per ottenere l’estensione territoriale di questo tipo di modello normativo. Finora non ci siamo riusciti. Contiamo di partecipare con le confederazioni ai tavoli su Pnrr e Olimpiadi per stabilire e far applicare le regole in tutti i cantieri di Milano”.

(Ha collaborato all’articolo Elisa Castellucci, ufficio stampa Fillea Cgil nazionale)