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La legge finanziaria traduce in politiche la visione del governo, poco pubblico e molto privato. Pochi diritti, dei lavoratori e dei cittadini. Per Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil, c’è un attacco alla Carta del ‘48, a diritti fondamentali della persona e della comunità a partire da quello alla salute, al salario equo, alla dignità sociale, al diritto di sciopero.
Il 17, venerdì prossimo, è sciopero generale dei settori pubblici. Perché?
Sono diverse le ragioni che ci hanno indotto ad aderire convintamente alla piattaforma confederale di Cgil e Uil che ha proclamato la mobilitazione di tutte le lavoratrici e i lavoratori dei settori pubblici e privati. La prima è che la legge di bilancio è la perfetta traduzione della politica economica del governo orientata a ridurne, per quel che riguarda il servizio pubblico, il perimetro e la qualità, e conferma la svalorizzazione del lavoro. Abbiamo scelto, anche, di tenere unita la categoria che rappresenta appunto dipendenti pubblici e privati dei servizi, perché crediamo che sul complesso dei servizi pubblici occorre cambiare radicalmente, a partire dalle scelte scritte in manovra di disinvestimento economico. Il 17 affermeremo anche che non vogliamo cambiare la Costituzione, vorremmo – invece - fosse applicata attraverso il modo in cui trasformiamo i diritti, previsti dalla prima parte della Carta, da formali e sostanziali attraverso servizi pubblici in grado di garantire quella qualità sociale e qualità di cittadinanza con alla base la lotta ad ogni discriminazione. Insieme alla Uil con cui condividiamo l’idea di quale debba essere la funzione dei servizi pubblici, vogliamo mandare un messaggio forte e chiaro al governo: il lavoro non condivide la cancellazione dello stato sociale, non condivide l’attacco ai diritti, non solo di lavoratori e lavoratrici, ma delle persone. Insomma, tra le ragioni dello sciopero c’è il merito ma c’è anche una visione.
Non ci sono le risorse per il rinnovo dei contratti. In sanità, ma non solo, non ci sono le risorse per il piano straordinario di assunzioni...
È così, sul rinnovo dei contratti siamo alla propaganda. È stato il ministro Zangrillo a dirci che le risorse stanziate, maggiori di quelle stanziate per i rinnovi precedenti, sono assolutamente insufficienti. In realtà siamo al gioco delle tre carte perché il governo ha studiato un meccanismo di riconoscimento di incrementi salariali che si fonda su diverse componenti. La prima, l’anno scorso siccome non c’erano risorse, sempre il dicastero Meloni ha stanziato per il 2023 un emolumento accessorio alla retribuzione con una clausola che diceva sarebbe scomparso nel 2024. Ora si dice che l’indennità di vacatio contrattuale viene riconosciuta anticipatamente nel 2023 ma solo per gli statali a tempo indeterminato, tutti gli altri godranno dell’anticipo contrattuale solo se i bilanci delle singole amministrazioni – Comuni, Regioni, città metropolitane, Camere di commercio, aziende sanitarie - avranno le risorse per farlo, ma contemporaneamente a lavoratori e lavoratrici sarà tolto l’emolumento accessorio. Per di più, caricare l’anticipo contrattuale sul 23 significarlo sommarlo al bonus Irpef. Il risultato sarà che molti dipendenti pubblici scopriranno che la busta paga di gennaio sarà più bassa di quella di novembre. In questo modo si mina anche l’attrattività del lavoro pubblico. Per di più non ci saranno risorse per le nuove figure e funzioni contrattuali che abbiamo conquistato, visto che mancano quelle per lo stipendio tabellare.
E per il piano straordinario di assunzioni?
Il governo che afferma di voler valorizzare il lavoro pubblico non solo tiene bassi i salari, taglia le pensioni e non stabilizza i precari. Non c’è la proroga della Madia, non c’è la stabilizzazione dei precari del Pnrr e in più di fronte alle difficoltà di bandire i concorsi hanno bloccato le graduatorie a scorrimento e circa 86.000 idonei vincitori di concorso rischiano di rimanere a casa. Insomma, totale fallimento della politica occupazionale dell’esecutivo sia sul piano generale, che su quello della necessaria riforma delle procedure concorsuali.
Vale anche per la sanità?
Sì, in manovra non c’è il superamento dei tetti di spesa per il personale e le Regioni che avrebbero margini per assumere non lo fanno, per paura di andare in disavanzo se superano il rapporto tra spesa complessiva e quella per il personale. È chiaro che questo meccanismo è volto ad incrementare la quantità di prestazioni che dal pubblico vengono spostate sul privato. Un’ulteriore questione di merito che riguarda anche la prospettiva generale che ci fa dire che il governo attacca il lavoro, il ruolo e la funzione dei servizi pubblici.
E poi arriva l’attacco al diritto di sciopero e il Garante afferma che lavoratori e lavoratrici dell’Igiene ambientale non possono fermarsi 8 ore. Cosa sta succedendo?
C’è una forzata lettura della disciplina dei servizi minimi di quelle attività sottoposte alla legge 146/90 che, appunto, era pensata per bilanciare due diritti che hanno lo stesso peso nella volontà del legislatore, coerentemente con la previsione costituzionale: il diritto di sciopero è un diritto soggettivo delle persone, la proclamazione è in capo alle organizzazioni sindacali e la regolamentazione dei servizi essenziali serve a contemperare il diritto del cittadino. La regolamentazione, rispetto alle fasce, ai tempi, alle procedure che noi abbiamo recepito nei contratti collettivi nazionali, è finalizzata a consentire che vi siano tempi utili alle diverse amministrazioni che, se lo sciopero è convocato con motivazioni legittime e in ossequio alla regolamentazione di assicurare un servizio minimo per tutelare i diritti degli utenti. Oggi, invece, assistiamo ad un attacco frontale che si fa scudo della Commissione di garanzia ma che viene direttamente dal governo – dal ministro Salvini innanzitutto – al diritto di sciopero. Lo abbiamo convocato in ossequio alla regolamentazione e al contratto ed è per questo che pensiamo non ci siano margini per rivedere la proclamazione dello sciopero del 17 del settore dell’Igiene ambientale. La verità è che per il governo il problema non è lo sciopero del 17 o quelli proclamati nelle giornate successive, ma il diritto di sciopero in quanto tale.
Anche in questo caso un attacco alla Costituzione?
Esatto. In particolare un attacco a quella parte della Carta che stabilisce quali sono i diritti fondamentali della persona e della comunità. Vale per la salute come bene universale, vale per il diritto di sciopero, vale per l’equa e proporzionata retribuzione vista la posizione sul salario minimo, vale per la dignità sociale avendo cancellato il Reddito di cittadinanza, vale sul riconoscimento della parità tra donne e uomini e sul sostegno alle famiglie. Di fronte ad uno scenario come questo il sindacato non può che mobilitarsi.
E allora lo sciopero del 17 sarà anche in difesa della Costituzione?
Sì, proprio perché siamo servizi pubblici e siamo essenziali per Costituzione. Toccare noi significa toccare la Costituzione.