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È una corsa contro il tempo quella del gruppo Dema, che dai primi anni novanta opera nel settore delle costruzioni aeronautiche. “Il ministero dello Sviluppo economico ci convochi urgentemente per evitare che fallisca e i suoi oltre 700 lavoratrici e lavoratori siano licenziati”, spiegano Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil. A tremare sono gli addetti degli stabilimenti di Somma Vesuviana (Napoli, 350 dipendenti), Paolisi (Benevento, 150) e Brindisi (215). Il 27 maggio prossimo ci sarà la presentazione dell’istanza stragiudiziale (ex artt. 182 bis e ter) presso il Tribunale di Nola (Napoli) per la ristrutturazione del debito verso il socio (il fondo d’investimento Bybrook Capital Llc), l’erario, i fornitori e l’Inps.
Il tempo stringe, spiegano i sindacati, rimarcando come la situazione sia ulteriormente peggiorata con il lockdown imposto dal coronavirus. “Il peso della situazione debitoria, non finanziabile dalla generazione di cassa, che il piano 2019 prevedeva nell’orizzonte 2020-2024, rappresentava già lo scorso anno uno dei principali motivi di preoccupazione”, argomentano Fiom, Fim e Uilm: “Le conseguenze dell’emergenza sanitaria ne ha indotti di ulteriori, con la caduta del mercato dell’aviazione civile destinata a durare nel medio termine, che aggraveranno di molto quest’evenienza, rischiando di non lasciare alcuna speranza di successo senza una significativa rinegoziazione del debito stesso”.
I sindacati rivelano che, secondo quanto comunicato dal management, nel "processo di rinegoziazione del debito i maggiori creditori (ndr. come Invitalia, Leonardo e lo stesso fondo di investimento Bybrook Capital Llc) avrebbero accettato la ridefinizione o l’azzeramento del credito, dimostrando, con queste scelte, la credibilità del piano industriale presentato loro in precedenza”. A eccezione, però, dell’Inps, cui “è stata proposta la restituzione integrale del credito, con una diluizione nel tempo superiore ai cinque anni”.
Qualora l’Istituto non accettasse la proposta della Dema, il Tribunale non potrebbe emettere l’omologa per la ristrutturazione del debito. Si profilerebbe, dunque, lo spettro del fallimento. “La restituzione del debito – spiegano Fiom, Fim e Uilm – in un periodo inferiore o pari ai cinque anni, soprattutto dopo l’aggravamento derivato dalla situazione emergenziale sopravvenuta dal mese di febbraio, farebbe gravare sui costi aziendali un peso tale da impedirne la sussistenza in vita, rendendo vano ogni tentativo di sostenere l’impresa e garantire l’occupazione”.
Queste azioni nei confronti dell’azienda rischiano di erodere drammaticamente i già esigui margini di manovra, facendo precipitare la situazione. Con il fallimento della Dema, verrebbero licenziati “oltre 700 lavoratori in aree già pesantemente colpite dalla deindustrializzazione”. Da qui la decisione delle organizzazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil di chiedere un incontro urgente al ministero dello Sviluppo economico per creare le condizioni “per superare questa difficile situazione che riguarda i lavoratori Dema, le loro famiglie e regioni già pesantemente colpite dalla deindustrializzazione come la Campania e la Puglia, non consentendo un ulteriore scempio industriale che impoverirebbe persone, territori e l’intero Paese”.