Nel marzo scorso aveva conquistato la prima posizione della lista “Stelle del Sud 2024” realizzata da Statista (fornitore leader di dati di mercato e di consumo) e dal quotidiano Sole 24 Ore. Appena sette mesi dopo, l’apertura della procedura di licenziamento collettivo per 13 addetti. Stiamo parlando della Dante Labs dell’Aquila, azienda nata nel 2016 e specializzata nello studio del genoma umano, insediata negli spazi del Tecnopolo d’Abruzzo (con sedi anche a New York e Dubai).

L’azienda nasce dall’idea di due ricercatori (Andrea Riposati e Mattia Capulli) che, dopo aver intrapreso percorsi universitari negli Stati Uniti, decidono di avviare un’attività imprenditoriale nel territorio aquilano. Iniziativa accolta con entusiasmo da sindacati e istituzioni, che vedevano nel nuovo insediamento un’opportunità occupazionale per un territorio già pesantemente colpito dal terremoto del 2009.

La posizione del sindacato

Immediata è stata la reazione dei lavoratori, che hanno organizzato uno sciopero che si è tenuto nella mattinata di martedì 8 ottobre. “La procedura – commentano Cgil e Filcams territoriali – avrà importanti ricadute sul piano sociale e occupazionale, considerati l’alta professionalità dei lavoratori e delle lavoratrici impiegati, la giovane età degli stessi (compresa, nella maggior parte dei casi, tra i 30 e i 40 anni) e il settore in cui la società opera dal 2019”.

“Durante la pandemia – spiegano Francesco Marrelli (Cgil L’Aquila), Andrea Frasca e Alessandra Marchionni (Filcams Cgil L’Aquila) – Dante Labs aveva anche riconvertito una parte dell’attività per eseguire e processare migliaia di tamponi al giorno, anche a mezzo dell’acquisto e dell’installazione di macchinari utili ad automatizzare l’attività di analisi dei tamponi per la rilevazione del Covid-19, in collaborazione con le strutture pubbliche competenti in materia, e a sostegno della comunità”.

Ma le aspettative sembrano ora andare deluse. “La società affronta oggi una crisi che sembra irreversibile”, proseguono Cgil e Filcams: “Di recente la società, dopo aver ripetutamente mancato di pagare le retribuzioni al personale in forza e aver iniziato un percorso di esuberi, ha dapprima coinvolto le organizzazioni sindacali per valutare la possibilità di ricorso agli ammortizzatori sociali e, a distanza di pochi giorni, nonostante la nostra piena disponibilità, ha improvvisamente avviato una procedura di licenziamento collettivo”.

Da qui la dichiarazione dello stop, vista anche “l’indisponibilità aziendale”, al fine di richiamare “l’attenzione dei rappresentanti politici e istituzionali tutti su tali criticità, per poter poi costruire un’alternativa percorribile rispetto a quella attualmente prospettata e già in parte avviata”.

Cgil e Filcams così concludono: “Le soluzioni, infatti, vanno cercate partendo dalla tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, considerato che il nostro territorio rischia di perdere un capitale umano e professionale, con il rischio di compromettere ulteriormente la già difficile ripresa economica e sociale della città dell’Aquila”.