Sciopero per l’intera giornata di oggi (giovedì 26 settembre) a Trento dei 2 mila lavoratori del Progettone, previsto anche un presidio (alle ore 9 in piazza Dante). A motivare la protesta, indetta da Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil, la posizione della giunta provinciale di rinnovare il contratto, scaduto in giugno, senza alcun aumento. I sindacati chiedono il recupero dell’inflazione 2016-2018 (pari al 3,8 per cento) e quello dell'inflazione programmata per il prossimo triennio (pari a circa il 3,2 per cento), nonché il riconoscimento normativo del ruolo che i lavoratori svolgono in molti settori.

“Una posizione inaccettabile”, spiegano i segretari generali di Flai Cgil (Maurizio Zabbeni), Fai Cisl (Fulvio Bastiani) e Uila Uil (Fulvio Giaimo): “Troppo facile giocare in attacco quando si è all'opposizione, per poi proporre un rinnovo al ribasso oggi che sono al governo. Allora il presidente della Provincia Maurizio Fugatti parlò di un accordo che toglieva dignità ai lavoratori; oggi, che il contesto è meno critico di tre anni fa, vorrebbe un contratto peggiore”. La Provincia, dunque, non sembra disposta a investire risorse aggiuntive per il nuovo contratto, se non a fronte di un ampliamento della platea di persone che possono accedere al Progettone.

Il Progettone è un intervento a sostegno dell’occupazione che prevede l’inserimento delle persone coinvolte (provenienti dalla lista di mobilità e dalla lista di disoccupazione) in attività di pubblica utilità, in particolare attività nel verde, servizi culturali e di servizio alla persona. I sindacati chiedono anche di modificare la parte normativa del contratto, riconoscendo il ruolo che questi lavoratori svolgono in molti settori. “Non si può non vedere che ci sono interi settori dove i lavoratori del Progettone non affiancano i dipendenti, ma li sostituiscono, vuoi anche per la carenza di personale che ha imposto il blocco del turn over degli ultimi anni", concludono Zabbeni, Bastiani e Giaimo: "Serve un riconoscimento di questa situazione, non si possono usare questi lavoratori come manodopera a basso costo, evitando l’applicazione dei contratti giusti”.

(mt)