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Francesco è precario da quasi vent’anni. Si potrebbe dire che è un super precario, perché il contratto glielo rinnova di mese in mese sempre lo stesso datore, una società che effettua servizio di trasporto per mare, ogni anno con le stesse modalità: proroghe su proroghe a volte per undici mesi, altre, quando va peggio, per meno.
“Non chiedermi come fanno, so bene che non possono, non potrebbero, eppure lo fanno – dice -. Ma non sono l’unico ad avere questo trattamento. Altri colleghi sono nelle mie stesse condizioni. E ancora oggi, anziché sistemarci, anziché farci un contratto a tempo indeterminato, continuano a tenerci il bilico. Però continuano ad assumere nuove persone con le stesse modalità”.
Cioè a singhiozzo. Per coprire tutti i posti del personale, a bordo delle navi, a terra, in biglietteria, sui piazzali, per i diversi incarichi l’azienda attiva rapporti a brevissima scadenza e a ripetizione. Francesco vive a Reggio Calabria. Quando ha iniziato a 19 anni, subito dopo il diploma, pensava di aver vinto al lotto, di essersi sistemato. “E invece dopo tanto tempo non pensi più che ti assumano, anche se mi spetterebbe l’indeterminato, che dici?” chiede, più rassegnato che arrabbiato.
L’anno scorso gli hanno fatto firmare sette proroghe, ma già dopo tre avrebbe avuto diritto all’assunzione. Per questo si è rivolto al sindacato e presto farà vertenza. Ma nel frattempo fa sacrifici enormi per campare, per far quadrare i conti. Due figli da mantenere, avuti da due diverse relazioni, e neppure una macchina di proprietà.
“E chi me lo dà un prestito per comprarmela? Quando entro in banca e mostro i miei contratti si mettono a ridere – racconta –. Prendo una miseria, 1.200 euro in busta paga, che ti assicuro è una miseria per quello che facciamo. Sto dai miei genitori, e anche questo non è normale alla mia età. Alla fine non ho una vita normale con tutte le altre persone”.