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Nella seduta di giovedì 6 febbraio la Camera dei deputati, con 149 voti favorevoli e 98 contrari, ha approvato il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto 27 dicembre 2024, n. 201, recante misure urgenti in materia di cultura. Il provvedimento passa all’altro ramo del Parlamento.
Cgil, Fp Cgil e Nidil Cgil nazionali, in una nota hanno commentato: “(…) Approvato a maggioranza un pessimo decreto sulla cultura. Si è fatto ricorso ad un provvedimento di urgenza dopo che il Governo ha operato, nella legge di bilancio di recente approvata, consistenti tagli di risorse proprio in questo decisivo settore”.
“Biblioteche, editoria, istituzioni culturali, avrebbero bisogno di una visione chiara, di risorse certe nel tempo. Non c’è nulla di tutto ciò nel decreto approvato. Vengono istituiti – proseguono le organizzazioni – due nuovi piani enfaticamente denominati Piano Olivetti e Piano Mattei assai vaghi nei contenuti e negli obiettivi”.
Per la Confederazione e le due categorie “la ragione vera di questa scelta sta nella nomina di nuovi dirigenti esterni all’amministrazione, di fiducia del ministro, pur in presenza di figure interne che possono ricoprire quei ruoli. Si vuole così esercitare un controllo politico sulla struttura del ministero”.
“Non si fa nulla per affrontare il grave problema del lavoro precario che – sottolineano Cgil, Fp e Nidil – si riscontra in tutti i campi che compongono il mondo della cultura. Nel corso degli anni al ministero della Cultura, alle carenze di organico, al blocco delle assunzioni, si è sopperito ampliando la platea dei lavoratori precari. Oggi a molti di loro viene chiusa la porta in faccia”.
È il caso, spiegano le sigle, di 400 lavoratrici e lavoratori a partita Iva “che da anni lavorano presso il ministero e in diverse realtà territoriali, storici dell’arte, archivisti, bibliotecari, archeologi, a cui il rapporto di lavoro non è stato prorogato e che dal 31 dicembre 2024 sono fuori. Inoltre, ci sono 350 lavoratrici e lavoratori assunti a tempo determinato che operano in diverse regioni del Mezzogiorno per realizzare i programmi del Pnrr, in scadenza il prossimo 28 febbraio”.
“È una responsabilità grave che si assumono Governo e ministero e noi continueremo a batterci insieme a queste lavoratrici e lavoratori per cambiare le scelte compiute”, concludono.