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La Cgil e le sue categorie sono un sindacato democratico: diversamente da altri soggetti rappresentativi, fa esprimere lavoratori e lavoratrici. E allora la Fp Cgil ha promosso una consultazione sulla piattaforma per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici. Il risultato è netto è incontrovertibile: assolutamente no.
Democrazia è partecipazione
“Sono già diverse migliaia i partecipanti in pochissimi giorni alla consultazione online promossa da Fp Cgil, e migliaia quelli che stanno compilando il questionario cartaceo nei posti di lavoro, che non condividono l’ipotesi di un contratto che taglia i salari dei dipendenti pubblici”, si legge in una nota diffusa dalla categoria: “La consultazione, avviata qualche giorno fa da Fp Cgil e che proseguirà nelle prossime settimane di mobilitazione, consegna una fotografia molto chiara. Per noi non ci può essere che il ricorso alla democrazia e alla partecipazione in una situazione così inedita come quella che sta accadendo in queste ore”.
I dati della consultazione sul Contratto
Difficile confutare o non tener conto del 97,35% di lavoratori e lavoratrici che dichiara di non condividere la scelta del governo di riconoscere solo 1/3 della perdita del potere di acquisto delle retribuzioni, e chiede di continuare la mobilitazione. È bene ricordare infatti che l’Aran, su indicazione dei ministeri della Pubblica amministrazione e dell’Economia, ha fissato l’asticella al 5,78% di aumento, dimenticandosi che le buste paga sono state decurtate di oltre il 17% dall’inflazione, buste paga si sa, mediamente basse.
Poi, ben il 96,55% ritiene che non sia più tollerabile il blocco del salario accessorio; il 93,90% chiede di conglobare e non assorbire l’indennità di vacanza contrattuale potenziata (Ivc), anticipata con atto unilaterale da parte del governo; il 94,62% non vuole rinunciare agli strumenti di valorizzazione professionale (incarichi, progressioni e ordinamento) compromessi dai mancati finanziamenti; l’89,51% si sente più garantito su smart working e condizioni di lavoro dalla contrattazione collettiva che dai provvedimenti di legge e dei dirigenti; il 93,58% chiede l’aumento del valore dei buoni pasto, fermo per legge nella pubblica amministrazione; il 95,84% ritiene che la trattativa e la mobilitazione debbano proseguire per ottenere risultati migliorativi.
Le forzature sul rinnovo
Lo ricordava Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil lo scorso 19 ottobre dal palco di piazza del Popolo: il peggiore datore di lavoro d’Italia è quello pubblico. La nota della Fp aggiunge: “Il ministro Zangrillo vuole a tutti i costi una firma che ha il prezzo di mortificare i dipendenti delle funzioni centrali. Eravamo partiti con il governo che diceva di voler iniziare dal ccnl delle funzioni locali e sanità per dare risposte prioritarie a quei settori della pubblica amministrazione che sono più in frontiera”.
Continua la nota: “Ebbene, verificato che a fronte delle scarse risorse su quei tavoli le maggioranze sono più difficili da trovare attorno alla scelta di tagliare dieci punti di riconoscimento dell’inflazione per i salari e non dare risposte su carriere e condizioni di lavoro, stiamo assistendo a una forzatura nel contratto delle funzioni centrali, dove evidentemente ci sono le condizioni affinché più soggetti si dimostrino più sensibili al richiamo del governo che alla dignità dei lavoratori e alle stesse piattaforme che quelle organizzazioni hanno presentato. Parliamo di oltre 300 euro mandati in cavalleria da scelte che il Parlamento potrebbe ancora modificare e che invece il governo vuole chiudere in fretta”.
La presa in giro del contratto
Ma davvero Meloni e Zangrillo pensano che lavoratrici e lavoratori possano credere alle loro vaghe promesse di modifica dei numeri ad approvazione della manovra archiviata? Che promesse sono, visto che una volta varata la legge il bilancio dello Stato quello è? “Con i pagherò – si legge ancora nella nota – non si pagano le bollette, non si mandano i figli all’università. E quindi misteriosi rinvii a eventuali modifiche dopo l’approvazione della legge di bilancio che si leggono nel testo, e patti che si millantano in queste ore e che sarebbero a zero euro visto che il governo ha già bloccato il valore dei ccnl 2025/27 e 2028/30, sono ulteriori elementi che rendono ancor più sorprendente tutta questa concitazione. Alla faccia del rispetto delle relazioni sindacali. Ma come si fa a bloccare gli stipendi per tre contratti, accettando passivamente una decisione unilaterale del datore di lavoro? Per questo abbiamo chiesto alle lavoratrici e lavoratori di esprimere la loro opinione e continueremo a farlo”.
Il valore del lavoro pubblico
La pubblica amministrazione italiana è fatta di donne e uomini, pochi rispetto agli altri Paesi europei, che cercano ogni giorno di svolgere il proprio compito anche se costretti in condizioni di lavoro spesso impossibili. Sono medici, infermieri, professionisti della sanità, assistenti delle scuole dell’infanzia, assistenti sociali e funzionari degli enti locali, addetti alla sicurezza dalla polizia di Stato a quella penitenziaria. Sono quelli che nei Comuni devono predisporre e poi seguire i progetti del Pnrr, o sono quelli che intermediano tra imprese e Stato e molto altro ancora.
“Di fronte alla rottura di ogni relazione democratica sulla condizione dei lavoratori, con provvedimenti annunciati sui giornali che mirano a rievocare le pagelline punitive in base alle quali differenziare il salario accessorio, per il quale rimane il blocco per legge al valore del 2016, non si può accettare passivamente che i diritti di chi lavora nella pubblica amministrazione vengano intaccati senza reagire”, conclude la Fp Cgil: “Si aggiunga di nuovo il tetto al turn over al 75%, in controtendenza con l’emergenza occupazione che vede l’uscita di oltre un milione di lavoratori da qui al 2030, e il quadro è completo”.