PHOTO
Davvero una brutta notizia quella che arriva dall’Aran: dopo il via libera della Corte dei conti, il rinnovo del contratto della Funzioni centrali della pubblica amministrazione entra in vigore.
Una brutta notizia che si fa in tre
I lavoratori e le lavoratrici vedranno la propria busta paga aumentare davvero di pochissimo: è previsto circa il 6 per cento di aumento contro un’erosione del salario attorno al 17 per cento a causa dell’inflazione. Per di più una parte di quel 6 per cento è stato elargito come indennità di vacatio contrattuale: quindi, altro che 150 euro!
La seconda ragione che fa dire “brutta notizia” è che si è diviso il fronte sindacale: si sono espresse a favore organizzazioni che tutte insieme (anche alcune davvero piccole e assai poco rappresentative) arrivano faticosamente di poco sopra il 50 per cento della rappresentanza.
Non si è però voluto tener conto della consultazione promossa da Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi che ha restituito agli oltre 190 mila dipendenti delle Funzioni centrali il diritto a un autentico esercizio di democrazia partecipativa sul testo dell’accordo. L’esito della consultazione è stato chiaro e netto: il 98% dei partecipanti ha detto no.
Il giudizio dei sindacati
“Questo contratto segna l’abbandono del ccnl quale strumento utile a determinare la crescita delle retribuzioni per tutti i lavoratori”, scrivono Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi: “Ancor più incomprensibile e non condivisibile è la scelta delle organizzazioni firmatarie di avallare questo contratto”.
La verità dei numeri è purtroppo chiara: i lavoratori e le lavoratrici avranno una perdita definitiva del valore del proprio stipendio dal 2021 (anno di scadenza del contratto precedente) a oggi pari a 146,51 euro al mese per un funzionario, 120,65 euro al mese per un assistente e 114,62 euro al mese per un operatore.
La vacatio contrattuale
È sempre la nota congiunta a spiegare dove sta l’inghippo e come le cifre propagandante da governo, Aran e sindacati firmatari non troveranno corrispondenza nella busta paga di febbraio: “Gli aumenti dichiarati nel ccnl, per effetto dell’indennità di vacanza contrattuale e degli anticipi già pagati dal governo, si tradurranno nei prossimi cedolini in aumenti mensili lordi reali da un minimo di 47,22 per un funzionario ex area III F7 a un massimo di 80,33 di un funzionario ex area III F”.
La parte normativa, continuano le brutte notizia
Innanzitutto l’inghippo della settimana corta. Non è affatto vero che viene introdotta con questo contratto, non si tratta di riduzione di orario ma di concentrazione dello stesso monte ore settimanale in quattro giorni lavorando nove ore al di. Risultato? Oltre alla beffa anche la discriminazione, soprattutto delle donne che, gravate dei carichi di lavoro di cura, non potranno certo utilizzare questo “strumento”.
Buoni pasto e smart working
Anche in questo caso si tratta di un inghippo. “Il tanto decantato – proseguono i sindacati – riconoscimento del buono pasto nei giorni di smart working diventa il modo per le amministrazioni di richiedere vincoli orari nelle prestazioni non previsti dalla legge”.
Il giudizio della Fp Cgil
Inequivocabile e dalla parte dei lavoratori e delle lavoratrici: “Questi contratti penalizzano sia gli aspetti economici (stipendi, indennità e salario accessorio) sia normativi. Sulla valorizzazione professionale si frena l’innovazione e la crescita professionale, dagli incarichi alle progressioni, non si risponde alle esigenze di chi lavora nella pubblica amministrazione ma neanche dei cittadini che hanno diritto a vedere migliorare i servizi di prossimità. E senza risorse sappiamo che ciò non accadrà, visti i tagli su sanità ed enti locali. Parliamo di merito e non riteniamo che i testi imposti dalla controparte diano le risposte giuste. La palla è in mano al governo, può decidere di dare risposte o meno e si assumerà la responsabilità di ciò che accade”.
E allora la mobilitazione continua
È questo l’invito di Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi che affermano: “Non abbiamo cambiato idea, forti anche del pronunciamento delle migliaia di lavoratrici e dei lavoratori ascoltati e consultati in questi mesi. Non firmare il contratto 2022/2024 non è una rinuncia, ma il solo modo oggi possibile per tenere alta la voce di quanti chiedono contratti dignitosi. Per questo la partita non si chiude qui e invitiamo le lavoratrici e i lavoratori del comparto delle Funzioni centrali a continuare la mobilitazione per dare valore al lavoro pubblico e restituire dignità a chi entra nelle amministrazioni pubbliche per dare un servizio di qualità al Paese”.