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Tempo scaduto. Non è più rinviabile il rinnovo dei contratti nazionali del terziario, distribuzione e servizi, della distribuzione moderna organizzata e della distribuzione cooperativa, tutti scaduti nel 2019, applicati alla più vasta platea di lavoratrici e lavoratori del settore privato in Italia, con oltre 3 milioni di addetti impiegati nelle attività commerciali e nelle imprese di servizi.
Dopo la grande manifestazione intersettoriale unitaria del 21 luglio a Bologna, i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs annunciano l’avvio di una vasta e capillare campagna informativa nei luoghi di lavoro e si dichiarano pronti a più incisive iniziative di protesta finalizzate a imprimere una svolta ai negoziati, connotati da forti criticità e viziati da una sostanziale indisponibilità delle associazioni imprenditoriali a individuare dei punti di caduta adeguati a fornire delle serie risposte, sia in termini normativi che salariali, alle lavoratrici e ai lavoratori.
Milioni di addetti che, recita un comunicato sindacale unitario, “hanno permesso alle imprese del settore di affrontare la sfida del Covid sobbarcandosi un carico aggiuntivo notevole in termini di rischio” e “che subiscono sistematicamente il disagio di lavorare nei giorni domenicali e festivi, sovente chiamati a garantire prestazioni sempre più flessibili a discapito della loro vita relazionale”.
“Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Ancc-LegaCoop, Confcooperative-Consumo e Utenza e Agci-Agrital, pur rappresentando modelli di imprese assai differenti, - prosegue la nota unitaria - sono accomunate da un ingiustificabile disinteresse nei confronti di quanti lavorano alle dipendenze dei loro associati, che, dal 2022 in poi, sono costretti a misurarsi con un carovita fuori controllo e che pregiudica il loro potere d’acquisto. Le tattiche dilatorie, a quasi quattro anni dalla scadenza dei Contratti Nazionali, non sono più ammesse, tempo scaduto”.
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, in particolare, puntano il dito contro “le richieste formulate da Confcommercio, finalizzate a ridurre scatti di anzianità, permessi retribuiti e 14° mensilità che vanno rimosse dal tavolo” e stigmatizzano “le proposte salariali avanzate da Federdistribuzione, Confesercenti e dalle Associazioni della Cooperazione di consumo, inadeguate a far fronte alla perdita del potere di acquisto dei lavoratori”, mentre “i redditi di chi lavora ristagnano e le condizioni materiali di vita di milioni di dipendenti a reddito fisso sono in caduta libera a causa della grave irresponsabilità dimostrata dalle associazioni imprenditoriali” nel lungo percorso negoziale.
Non solo. “Perseverare in atteggiamenti ostativi e porre delle pregiudiziali da parte delle associazioni delle imprese - è l’affondo dei sindacati - sta unicamente sortendo l’effetto di confinare i settori del terziario a un ruolo marginale nel panorama delle relazioni sindacali nazionali”.
La mobilitazione, si annuncia nel comunicato, si estenderà anche “nel rapporto con le singole aziende per porre quella che, a tutti gli effetti, è diventata una questione salariale che infesta i settori nei quali i contratti nazionali scaduti dal lontano 31 dicembre 2019 vengono applicati”.
“Da parte di Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Ancc-LegaCoop, Confcooperative-Consumo e Utenza e Agci-Agrital - conclude la nota unitaria - debbono giungerci risposte adeguate a soddisfare le legittime aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori; se così non sarà, toccherà alle lavoratrici e ai lavoratori mettere in campo una risposta adeguata per riconquistare i loro contratti collettivi nazionali”.