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“Il Codice degli appalti rischia di essere completamente stravolto, se non addirittura smantellato, da una norma chiamata ‘sblocca cantieri’, ma che, a differenza del nome, non solo non assolve alla sua funzione, ma rischia di far venir meno tutte quelle garanzie che erano previste all’interno del Codice stesso per garantire legalità, trasparenza e una migliore gestione del sistema degli appalti, finendo con il favorire alcune lobby di costruttori e pezzi d’impresa che vogliono liberalizzare il mercato il più possibile". Così il segretario confederale Cgil Giuseppe Massafra, intervenendo ai microfoni di "Italia parla", rubrica di RadioArticolo1, annunciando la manifestazione di oggi (martedì 28 maggio) a Roma, in piazza Montecitorio, assieme a Cisl, Uil e tante altre associazioni (Acli, Arci, Avviso pubblico, Legambiente, Libera, Sos imprese, Centro Pio La Torre, Kyoto club, Gruppo Abele), per chiedere al governo di non convertire in legge il decreto.
Entrando nel merito del dl 32/2019, Massafra evidenzia il "pericoloso salto all’indietro sul piano delle tutele per i lavoratori, né vi è alcuna norma che contempla un’accelerazione degli investimenti, fondamentali per far ripartire i cantieri delle grandi opere. Si parla poi di un alleggerimento dei processi burocratici, alcuni dei quali indispensabili per garantire legalità e trasparenza delle varie operazioni". L'esponente sindacale punta l'indice anche "sull’eccessiva liberalizzazione del subappalto oltre la soglia del 50 per cento, prevedendo l’affidamento a consorzi stabili che non sono più ritenuti subappalti. In tal modo, chi partecipa all’appalto e vince la gara, può poi essere affidatario del subappalto, facendo nascere così dei cartelli d’interesse, che ovviamente perseguono logiche economiche di arricchimento e che possono in seguito degenerare in malaffare e illegalità, innescando anche una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori sani”.
Per non parlare dei riflessi negativi che un provvedimento del genere ha nei confronti dei lavoratori. "Se prima erano esclusi dall’appalto i costi su sicurezza e condizioni salariali dei lavoratori, adesso vi rientrano, e il concetto di bando economicamente più vantaggioso viene sostituito con il ripristino del criterio del massimo ribasso fino a cinque milioni e mezzo. Ciò è esattamente in controtendenza con quanto avviene in Europa. Dunque, quel decreto è contro le direttive Ue. Allora è lecito chiedersi: ma il vero obiettivo di quel provvedimento qual è? Far ripartire i lavori, oppure inserire nelle pieghe del decreto una liberalizzazione per lavoratori e imprese senza alcuna garanzia e tutela, accompagnata da un accrescimento dei livelli di discrezionalità attraverso l’elevamento della soglia per le procedure negoziate senza bando di gara, dove non è più chiara la distinzione fra controllati e controllori?”.
Infine, c’è un tema che riguarda in modo specifico la sicurezza: "Quell’emendamento ad hoc, approvato al Senato, che esclude d’indicare in sede di gara, in modo separato, il costo del lavoro dai costi della sicurezza. Il che significa che in un settore colpito quotidianamente da infortuni e morti sul lavoro, come quello delle costruzioni, divenuto uno dei più insicuri di tutto il sistema produttivo, anziché aumentare gli investimenti in strategie per la sicurezza, li si riducono". In questo modo, prosegue Massafra, "se non hai una quota di risorse vincolate a creare sicurezza, è chiaro che abbassando i costi, la prima voce che si taglia sarà proprio quella sulla sicurezza, anche qui totalmente in controtendenza con il fabbisogno. Viceversa, proprio perché il mondo delle costruzioni è di enorme importanza sul piano economico e costituisce una fetta importante in termini di Pil, anziché l’obbrobrio legislativo in discussione, è necessaria una norma che stringa le maglie, evitando le degenerazioni insite nei processi di esternalizzazione e una competizione fondata sull’abbassamento dei costi”.