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Una storia lunga e dolorosa, quella di Città della Scienza. Quando venne inaugurato il primo insediamento al numero 156 di Via Coroglio a Napoli, era il 1992, aveva tutte le carte per essere una vera e propria scommessa vincente. Sorgeva limitrofa ad una acciaieria che logiche - o illogiche- politiche e finanziare vollero dismettere (a questo proposito si legga un illuminante volume scritto da Ermanno Rea: “La dismissione”), inglobando in sé la struttura architettonica assai bella di un opificio borbonico.
In parte riconversione industriale, in parte riconversione di alcuni operai, in parte incubatore di imprese affidato a università e star tap del territorio. In parte museo e grande luogo di divulgazione scientifica rivolto innanzitutto alle scuole e alle giovani generazioni. La Fondazione Idis e poi attori istituzionali pubblici, Regione, Comune di Napoli, Università hanno però contribuito alla mala gestione e al dissesto finanziario della struttura, poi il 4 marzo del 2013 il fuoco che distrusse buona parte dei manufatti e del Museo. Sulle responsabilità storiche che dire? Per la politica possiamo parlare soprattutto di insipienza, incomprensione e logiche lottizzatrici. Nonostante raccolte fondi e progetti internazionali per dar nuova vita alla struttura la rinascita non è arrivata anche se nel 2017 si sia inaugurata Corporea, l'attuale museo.
E’ arrivato, invece, il commissario, si è trovato a gestire un disastro senza che gli venissero forniti mezzi e risorse, e neanche l'agibilità politica, necessari. Da alcuni mesi si è insediata una nuova Governance con un ruolo importante della Regione ma rilancio e superamento dei problemi economici sono davvero lontani dall’arrivare. Ora ci ha pensato il Coronavirus a dare un ulteriore colpo, innanzitutto ai lavoratori e alle lavoratrici. A casa, in Fis per la gran parte, solo in pochi in telelavoro, e in attesa di salari arretrati, alcuni vantano 3 mensilità altri fino a 7.Alfonso Fraia, Rsa della struttura è uno dei 78 dipendenti tra quelli con maggiore “anzianità”, uno cioè che ricorda lo spirito che accompagnò la nascita di questa “avventura”, reclama, insieme ai suoi colleghi, proprio il ritorno a quello spirito: “di condivisione di valori e obiettivi tanto più in un momento emergenziale come quello che stiamo vivendo. I sacrifici vanno condivisi e ripartiti tra tutti”. Per questa ragione, sottolinea ancora Fraia, “Chiediamo un contributo di solidarietà da parte dei tre dirigenti, la decurtazione del loro stipendio a sostegno di chi invece è in Fis e aspetta ancora di ricevere retribuzioni arretrate”. E ad essere in difficoltà e preoccupati per il presente e forse ancora di più per il futuro, sono anche i lavoratori e le lavoratrici dell’indotto della struttura: circa un 100 tra quelli che si occupano del bar, della vigilanza, delle pulizie, dei servizi accessori e gli animatori e le guide della Cooperativa le Nuvole.
Il Coronavirus, lo dicevamo, è arrivato quando la nuova struttura di governo della Città della Scienza muoveva i primi passi dopo due anni di Commissariamento. Una operazione importante che il Commissario avrebbe dovuto condurre in porto e che invece ha lasciato in eredità non per sua responsabilità ma per ritardi e indecisioni istituzionali, è la cessione dell’incubatore alla Regione che poi avrebbe dovuta darlo in comodato d’uso a un consorzio costituito dalla Regione stessa, da Università e aziende private per dar vita ad un competence center. Nulla è successo e ora si dice debba essere il consorzio stesso ad acquisire direttamente l’incubatore. L’operazione dovrebbe servire a restituire liquidità a Città della Scienza per corrispondere gli stipendi arretrati e guardare al futuro con maggior fiducia. Futuro che dopo Covid-19 è ancora più incerto.
Ma i lavoratori e le lavoratrici non si rassegnano. Sono convinti che la struttura di Bagnoli possa e debba aver ruolo per il futuro del territorio che andrà inevitabilmente nuovamente immaginato perché dopo la pandemia nulla sarà come prima. D’altra parte che questa sia la missione della struttura è scritto nero su bianco: “La Fondazione Idis-Città della Scienza lavora per costruire un’economia basata sulla conoscenza, capace di creare lavoro vero e di qualità e maggiore coesione sociale. Questo progetto si sviluppa attraverso la valorizzazione delle risorse del territorio e l’attenzione al contesto europeo ed euro–mediterraneo”. Ed allora è fondamentale che il competence center, ciò che nascerà ciò alla fine dell’operazione di cessione dell’incubatore, si faccia subito e bene, cioè che veda una partecipazione diretta e sinergica della Fondazione Idis. La preoccupazione del rappresentante sindacale è forte: “Al momento il rischio è che qualora si realizzasse risulti una mera operazione di cassa, e quindi di corto respiro. L'incubatore in realtà con il competence center non esisterà più e a noi interessa che ripartano soprattutto le attività rivolte al pubblico che sono il cuore, e la parte di fatturato autonomo maggiore, di Città della Scienza”.
Dice ancora Fraia: “Avevamo scritto al presidente chiedendo appunto di condividere con noi i sacrifici inevitabili visto il tutto chiuso, e di immaginare insieme il dopo. Non abbiamo ricevuto nessuna risposta. Ma noi siamo tenaci e alla luce dell’individuazione delle date per la Fase2 abbiamo ripreso carta e penna. Dal 18 maggio è prevista la riapertura di musei e luoghi pubblici, vale anche per noi. Dobbiamo prepararci e il confronto tra Governance e rappresentanze dei lavoratori è tanto più indispensabile visti i protocolli sulla sicurezza che occorre attuare per poter aprire in sicurezza”.
Molta dell’attività di Città della Scienza, quella rivolta alle scuole, che rimarranno chiuse fino a settembre almeno, e quella dedicata alla convegnistica non potrà ricominciare, ma altre possono essere ripensate e fatte ripartire subito. “Oggi potremmo mettere a disposizione i nostri spazi, - conclude Fraia - rimodulati in ragione del distanziamento sociale, a supporto delle politiche sociali della Regione Campania, in attesa che l'incoming congressuale riprenda e ritornino anche i ragazzi. Ci vorrà, temo, ancora un anno almeno”.
Pensare a come contribuire alla rinascita economica del territorio in sinergia con le istituzioni, le università, le aziende è – lo dicevamo - una delle funzioni specifiche e vitali della struttura, ma è anche indispensabile al territorio ferito dalle settimane di blocco. Città della Scienza potrebbe contribuire anche ad immaginare un diverso modello di sviluppo a partire dalle produzioni green. Regione Campania e Presidente della struttura dovrebbero, allora, cominciare con il rispondere alle richieste di confronto dei lavoratori.