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La chimica verde in stand by, il sistema appalti allo sbando, l’annunciata fermata temporanea degli impianti di elastomeri: c’è più di una ragione dietro al riaccendersi della vertenza nell’area industriale di Porto Torres, con i sindacati che rompono la tregua concessa fino all’insediamento del governo nazionale e promettono nuove iniziative di lotta se gli impegni presi la scorsa primavera non dovessero concretizzarsi.
“Impegni conquistati - sottolinea Massimiliano Muretti, responsabile Industria della Cgil di Sassari – dopo la mobilitazione del territorio, che aveva scosso dalla solita inerzia il presidente della Regione ma si era placata soprattutto per la decisione del governo Draghi di sancire per legge la necessità di rilanciare, con i fondi del Pnrr e gli obiettivi della transizione ecologica ed energetica, la chimica verde a Porto Torres”. Il governatore della Sardegna Solinas aveva scritto alla presidenza del Consiglio richiamando quanto definito nel decreto energia convertito in legge il 28 aprile: entro un mese sarebbe stata convocata la Cabina di regia prevista dal Protocollo d’intesa stilato nel 2011 per trasformare in chiave green l’ex petrolchimico ormai smantellato. Invece, quella convocazione non c’è stata e ora, Cgil, Cisl e Uil di Sassari, con una lettera al presidente della Regione, rivendicano un impegno fattivo per riportare la vertenza all’attenzione del governo nazionale appena insediato.
L’obiettivo è un accordo di programma che garantisca agli impianti Matrìca una dimensione industriale intorno alla quale costruire anche una nuova filiera. Per realizzarlo, i sindacati ricordano a Solinas quanto già condiviso in un incontro a giugno scorso, quando la Regione si era impegnata a costruire “un documento di sintesi e di dettaglio, capace di tracciare la posizione della Sardegna in rapporto al Governo nazionale, alla multinazionale Eni, alle aziende controllate che coesistono nello stabilimento di Porto Torres e che, a vario titolo, devono realizzare investimenti”.
Non a caso, Cgil, Cisl e Uil sollecitano prima di tutto un incontro sul fronte regionale, per condividere quel documento e presentarsi compatti al tavolo nazionale. Nel frattempo, è precipitata la condizione dei lavoratori negli appalti, in tanti costretti a licenziarsi e trovare un nuovo lavoro all’estero oppure a chiedere l’aspettativa non retribuita per lavorare a tempo in altre ditte d’appalto. Secondo i sindacati, questa fase potrebbe essere gestita con un accordo di mobilità interna che individui il bacino delle maestranze al quale le imprese d’appalto possano attingere volta per volta: è la rivendicazione che vorrebbero portare al tavolo chiesto alle committenti, Eni, Versalis, Matrìca, Eni Rewind, dalle quali si attende, non senza impazienza, una convocazione.
Come se non bastasse, altre nuvole si affacciano sul futuro di produzioni che fino a non molto tempo fa avevano mercato e prospettive: gli elastomeri subiscono la flessione della domanda internazionale e l’impianto dovrà fermarsi per 45 giorni. Davanti a uno stop di solo un mese e mezzo, teoricamente, si potrebbero stringere i denti e guardare avanti, ma in un territorio che s’è visto smantellare tutto, pezzo dopo pezzo, in un lento e inesorabile declino, non si può fare. "Fermare un impianto per riduzione del mercato è un rischio - chiosa Massimiliano Muretti - non è mai certo se e quando il mercato ci sarà e quali dimensioni avrà".