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È iniziato presto, verso le 9, questa mattina, 22 luglio, il presidio davanti alla “cittadella giudiziaria” di piazzale Clodio a Roma. Le lavoratrici e i lavoratori dell’appalto del Ministero della Giustizia – in tanti venuti anche dall’Umbria e dalla Toscana – sono quelli impiegati nelle attività di documentazione degli atti processuali della Procura e del Tribunale e protestano contro la decisione dell’azienda subentrante nel cambio di appalto di proporre soluzioni di assunzione che – spiega la Cgil in una nota – “umiliano l’esperienza e la professionalità”.
“Parliamo di lavoratrici e lavoratori che svolgono, alcuni da oltre vent’anni, con diligenza, etica e professionalità, delicatissime attività fondamentali per il buon funzionamento del nostro sistema giudiziario che vedono peggiorare ogni anno le loro condizioni lavorative”. La mobilitazione indetta da Cgil, Fiom Cgil, Fp Cgil e Nidil Cgil di Roma e Lazio è contro il rischio di vedere peggiorate le condizioni retributive e occupazionali fi questi lavoratori a causa di proposte che prevedono riduzioni di orario, livelli di inquadramento non specificati e contratti a tempo determinato.
“Oltre a chiedere che siano rispettati i loro diritti, è evidente che la situazione in cui si trovano dipende da un sistema che continua a legittimare forme di gare pubbliche che vedono come elemento centrale il ribasso economico, determinando un peggioramento della qualità dei servizi e delle condizioni di lavoro. Tutto questo è inaccettabile”.
Di Cola: “Appalto non produce lavoro, ma licenziamenti”
“Siamo qui perché c’è un appalto sbagliato del ministero che su un tema cruciale come la digitalizzazione del processo non produce lavoro, ma licenziamenti”, ha detto all'AGI, a margine del presidio, Natale Di Cola, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio. I lavoratori sono arrivati davanti al tribunale di Roma dal Lazio, ma anche dell'Umbria e dalla Toscana. Si tratta sia di lavoratori assunti dall'azienda appaltante sia dall'agenzia di somministrazione. “Un appalto dello Stato che prevede tagli e non prevede clausole sociali che garantiscano passaggio del personale”, denuncia Natale Di Cola. Solo nella Capitale sono 17 le persone che rischiano il posto di lavoro “dopo 20 anni di esperienza”. 70, considerando anche le altre Regioni del centro Italia.
Oltre ai lavoratori pagano i cittadini
“La cosa più incredibile è che da più di un mese in questo clima di incertezza oltre ai lavoratori a pagare sono i cittadini, perché i processi che dovevano essere lavorati sono bloccati, perché parliamo di una digitalizzazione necessaria allo svolgimento dei processi”. La richiesta è di sospendere il bando di gara e “aprire un tavolo di confronto per garantire servizi ai cittadini e continuità salariale ai lavoratori”, conclude Natale Di Cola.
“Qui ci sono anche dei precari, quindi ancor meno tutelati”, sottolinea Fabrizio Maramieri, segretario della Fiom Cgil. “Sono atti delicati e, mi chiedo, si può mettere un precario a svolgere un ruolo così difficile? Vanno tutti assunti”, conclude.
“Con il cambio di appalto la nuova azienda offrirà condizioni lavorative peggiori, con contratto di multiservizi e non da metalmeccanico. Offrono part time a 30 ore a chi aveva part time a 40”, racconta Luigi Chiapparino, funzionario della Cgil Perugia. “Molti di questi lavoratori non accetteranno il nuovo incarico”.