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Ancora suicidi tra le lavoratrici e i lavoratori in divisa: tre in una sola settimana. "Un fenomeno grave, un vero e proprio allarme che non può essere sottaciuto. Un fenomeno che merita la ferma attenzione delle amministrazioni pubbliche interessate e del sindacato e che necessita di una risposta forte anche da parte dell'attuale governo, che deve interessarsi al benessere dei poliziotti, dei carabinieri, dei finanzieri, dei penitenziari, dei vigili del fuoco e dei militari, perché si tratta in primo luogo di persone”. Lo affermano, in una nota, la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione e il segretario generale Silp Cgil Pietro Colapietro.
“Li chiamano ‘eventi suicidari’ in divisa, ma in realtà - spiegano Ghiglione e Colapietro - sono vite stroncate. Tre tragedie in una sola settimana: un giovane di 25 anni, un uomo di 45 anni e una donna in servizio presso la scuola Allievi agenti della Polizia di Stato di Trieste. Storie che raccontano di problemi familiari, di dipendenze, di difficoltà economiche quali cause scatenanti. Fino a pochi anni fa la possibilità che le condizioni di lavoro potessero incidere così tanto su chi per mestiere ha deciso di indossare una divisa era esclusa tout court e le cause del suicidio venivano rintracciate in generici motivi personali”.
“Le amministrazioni afferenti alle forze di polizia - proseguono Ghiglione e Colapietro - hanno negato per anni al sindacato la possibilità di aprire una discussione seria sul tema. Soltanto nel 2019 la Cgil con il Silp Cgil è riuscita, nell'ambito della Polizia di Stato, a rompere la cortina di ferro e ad ottenere un ‘Tavolo per la prevenzione e la gestione delle cause di disagio per il personale della Polizia di Stato’. Un tavolo che ha fatto molto, grazie anche alla disponibilità della direzione centrale di sanità della Polizia di Stato, ma che molto deve ancora fare”.
“La conquista più importante del sindacato - ricordano i due dirigenti sindacali - è stata la modifica del famigerato art. 48 relativo alla sospensione del dipendente unitamente al ritiro di pistola, manette e tesserino in caso di acclarato disagio psicologico. Con la modifica, ad aprile scorso, del Dpr 782 del 28 ottobre 1985 e con l'inserimento, dopo l’art. 48, dell'art. 48 bis si evita finalmente la possibilità per l’Amministrazione di ritirare il tesserino, con la contestuale sospensione del dipendente e si prevede il ritiro della sola pistola. Spesso le lavoratrici e i lavoratori in divisa, per evitare ritorsioni professionali, tendono a nascondere il proprio disagio. Ora, in caso di disagio psicosociale, si potrà togliere l’arma consentendo al collega o alla collega in difficoltà di continuare a lavorare”.
“Ma se nella Polizia di Stato si registrano passi avanti, così non si può dire per altri Corpi dello Stato, a partire dalle opacità dei corpi militari. La Cgil e il Silp Cgil sono impegnati per contrastare questo fenomeno, i dirigenti sindacali di categoria e delle camere del lavoro sono a disposizione di lavoratrici e lavoratori in divisa in tutta Italia per una reale politica di ascolto e dialogo. Occorre - concludono - mettere in campo tutte le energie migliori per il benessere psicologico di chi veste una divisa. Basta suicidi”