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La Cgil Calabria e la Filctem Cgil nazionale scendono in campo per difendere il lavoro e lo sviluppo sostenibile, denunciando come "inaccettabile e irresponsabile" la norma regionale che, di fatto, decreta la chiusura della Centrale del Mercure, impianto a biomasse vegetali situato nel Cosentino, nel territorio di Laino Borgo, al confine con la Basilicata. La direttiva, denuncia il sindacato, mette a rischio 1.500 posti di lavoro lungo tutta la filiera produttiva. La Cgil sottolinea come l'impianto, rientrante in un modello virtuoso sancito dal protocollo ministeriale del 2014, non presenti criticità ambientali, come confermato da tutti gli enti preposti, inclusa l'Arpacal. L'accusa è chiara: si tratta di una decisione politica frutto di logiche partitiche e non di reali esigenze di tutela ambientale.
Una vertenza complessa: dal protocollo del 2014 alla norma contestata
La Centrale del Mercure, situata nel cuore del Parco Nazionale del Pollino, è stata per anni al centro di un acceso dibattito. Inizialmente costruita per funzionare a lignite, è stata poi riconvertita a biomasse, diventando un modello di economia sostenibile, come sancito dal protocollo ministeriale del 2014. Tale accordo aveva coinvolto istituzioni, enti territoriali, associazioni ambientaliste e rappresentanze sindacali, garantendo un equilibrio tra sviluppo economico e tutela dell’ambiente.
Tuttavia, nel novembre 2024, il Consiglio Regionale della Calabria ha approvato una norma – promossa dal consigliere di opposizione Ferdinando Laghi e sostenuta dal presidente Roberto Occhiuto – che prevede la riduzione della potenza degli impianti a biomassa nei parchi nazionali, di fatto decretando la chiusura della centrale. La decisione ha suscitato l’immediata reazione del Governo che a gennaio 2025 ha impugnato la legge, ritenendola in contrasto con le normative nazionali ed europee.
Cgil: “Un colpo mortale al lavoro e allo sviluppo”
La Cgil denuncia come questa scelta politica rappresenti un grave danno per il territorio. "Non ci troviamo di fronte a un’Ilva calabrese", sottolineano Gianfranco Trotta, segretario generale Cgil Calabria, e Ilvo Sorrentino, segretario nazionale della Filctem Cgil, rimarcando come tutti gli studi scientifici disponibili attestino la sostenibilità ambientale della centrale. L’impianto ha generato un ecosistema economico virtuoso, che oggi rischia di essere smantellato senza valide motivazioni.
Per questo, la Cgil chiede con forza al presidente Roberto Occhiuto di rivedere la propria posizione e di fermare il braccio di ferro con il Governo nazionale. La Confederazione chiede inoltre un confronto serio e costruttivo, al di fuori delle dichiarazioni autoreferenziali sui social media, per trovare una soluzione che garantisca continuità occupazionale e produttiva.
Una vertenza che va definita a livello nazionale
La Cgil e il Comitato Valle del Mercure sostengono che la vertenza debba assumere una rilevanza nazionale, coinvolgendo il ministero delle Imprese e del made in Italy per aprire un urgente tavolo di crisi. L’obiettivo è proteggere un modello di sviluppo sostenibile e tutelare i lavoratori del settore industriale e del legno.
Se il confronto istituzionale non porterà a una soluzione, la Cgil non esclude azioni sindacali forti, mobilitando i lavoratori e tutti i soggetti coinvolti per ribadire che la Calabria ha bisogno di certezze occupazionali, non di scelte politiche improvvisate e dannose per il futuro della regione.