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L'articolo 40 della nostra Costituzione è particolarmente breve perché formato da un unico comma che recita: “Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano”. Semplice, diretto, comprensibile a tutti. Perfino ad un ministro della Repubblica che ha il senso dello Stato pari ad un leghista in riva al Po.
Esprimendosi come un cabarettista dei peggior bar di Tik Tok, il ministro di cui sopra è però perfettamente consapevole dell’ennesima forzatura istituzionale che sta perpetrando. Lo sa e se ne frega. È da un anno che non tocca palla e deve inventarsele tutte per scavare la pietra e sfondare a destra della premier. Ma l’acqua rimane acqua e così il mojito non sa più di niente.
Ma non si abbatte, mostra il tipico atteggiamento guascon-dittatoriale di chi detiene il potere e lo esercita calpestando le libertà individuali e collettive. Si muove tra i cavilli di garanti compiacenti e gli anfratti di una giurisprudenza fai da te negando l’esercizio che è alla base di ogni democrazia: manifestare un disagio.
Lavoro dignitoso, maggiori salari, più sicurezza, salute pubblica, istruzione per tutti: sono grida altro che capricci. E un governo al servizio dei propri cittadini dovrebbe recepirle, comprenderle anziché reprimerle con la solita sadica spocchia di chi sembra uscito da uno spot dell’Esselunga.