Fa meno clamore rispetto a quanto accade nel foggiano ma è altrettanto preoccupante il fenomeno dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e del caporalato che si perpetua nella fascia jonico-metapontina. Agli arresti delle scorse ore nell’area di Scanzano Jonico e Tursi ha fatto eco l’ennesimo arresto di un caporale sudanese che operava nella zona di Marina di Ginosa. “L’area jonico-metapontina è la zona posta al confine di Puglia e Basilicata dove risulta consolidato da tempo un sistema di sfruttamento degli operai agricoli che con un meccanismo quasi osmotico, apparentemente casuale, determina passaggio di manodopera tra le due regioni”, commenta Antonio Gagliardi, segretario generale della Flai Cgil Puglia. Si tratta di una fascia di territorio dove la task-force per l’attività del contrasto al reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro istituita dal Comando provinciale carabinieri di Taranto sta operando con grande impegno controlli mirati in un territorio purtroppo non nuovo a situazioni spesso rubricate al limite della riduzione in schiavitù, come ha fatto rilevare l’”operazione Dacia” del 2011 nei territorio di Castellaneta e Ginosa, dove i reati contestati sono aggravati da richieste di sfruttamento sessuale verso donne braccianti romene, o le più recenti che hanno visto alla sbarra imprenditori agricoli che si sono serviti illecitamente di caporali per ingaggiare manodopera straniera dei paesi dell’est e nordafricani, spesso con meccanismi per nulla trasparenti, che la Flai incrocia nelle attività di “sindacato di strada”.
“E’ apprezzabile - prosegue Gagliardi - il lavoro svolto dalle forze dell’ordine, peraltro in sinergia con quanto stabilito al tavolo di coordinamento della Prefettura di Taranto per il contrasto al lavoro illegale dove, l’importante contributo, è svolto anche dalle organizzazioni sindacali di categoria. L’impegno a proseguire verso il ripristino della legalità nell’area tarantina, come in ogni altra parte della regione, deve portare ad applicare pienamente la Legge 199 del 2016, conosciuta come legge anti-caporalato, che prevede azioni di contrasto ma anche e soprattutto azioni preventive come quella di istituire le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità, senza perdere tempo e senza tentennamenti, per rendere trasparente l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e per togliere l’alibi a quegli imprenditori che dichiarano di non avere punti di riferimento istituzionali quando è necessario assumere e garantire il trasporto della manodopera in agricoltura”, conclude Gagliardi.