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La campagna referendaria sta coinvolgendo l’Italia intera, e dal 25 aprile ha iniziato il suo percorso anche in Puglia, come annunciato dalla segretaria generale della Cgil regionale Gigia Bucci presentando la raccolta firme per i quattro quesiti popolari, proposti con l’intenzione di superare la precarietà, aumentare la sicurezza sul lavoro, tutelare i cittadini dai licenziamenti illegittimi.
Tra i primi firmatari nella città di Bari il professor Luciano Canfora, nelle ultime settimane al centro del dibattito politico, dopo la querela ricevuta da parte del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Anche per questo la sua adesione assume un forte valore simbolico. Abbiamo raggiunto il professor Canfora per una breve intervista.
Professore, quali sono i motivi della sua firma ai quattro quesiti referendari?
C’è un motivo, ed è molto semplice. Il lavoro in questo Paese è sotto attacco, almeno dai tempi di Matteo Renzi. Oltre questo ci mettono del loro anche le istituzioni europee, attraverso delle regole vessatorie, che devono essere combattute. Per questo difendere il lavoro, nei limiti del possibile, credo che in questo momento storico sia il dovere di ciascuno di noi. In questo senso il sindacato sta facendo la sua parte, e ne sono ben contento.
Secondo il suo punto di vista lo strumento referendario può essere ancora valido per raggiungere determinati risultati politici e sociali?
Non vorrei esser troppo tranchant, ma credo di questi tempi sia una tra le ultime risorse che ci siano rimaste.
Dato il clima politico attuale, una iniziativa di questo tipo può essere ossigeno per la democrazia nel nostro Paese?
Senza dubbio, e credo che i fatti lo stiano già dimostrando. Per fare un esempio, ho visto con piacere che la segretaria del Pd ha firmato anche lei per questi referendum, dopo aver dichiarato di voler continuare a portare avanti la legge di iniziativa popolare, chiedendo di sostenerla attraverso la raccolta di firme dei cittadini.
Sono segnali di incoraggiamento?
Sono segnali che ci inducono a portare avanti un’attività di natura democratica alla quale, in un momento come questo, nessuno può rinunciare.