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Apprezziamo l’annuncio della presidente del Consiglio Meloni, che sottolinea quanto il caporalato sia un problema da debellare dal mondo del lavoro. Ma il caporalato è solo un anello della filiera della disonestà nella quale cadono molto spesso cittadini immigrati, e non solo loro. Migliaia di donne e di uomini italiani sono ancora oggi vittime dello sfruttamento da parte delle imprese e sotto caporale. E gli annunci che abbiamo ascoltato anche in passato di interventi risolutivi su questa autentica piaga, quando sono accadute tragedie come quella di Satnam Singh, si sono purtroppo ‘sgonfiati’ nel momento in cui l’attenzione mediatica si è spostata su altre notizie. Così le drammatiche storie di queste persone sono state dimenticate, e le vittime abbandonate a se stesse.
Non sono necessarie nuove norme, occorre invece applicare quelle che esistono. Non fare troppo clamore, piuttosto lavorare seriamente su alcune tematiche. Prima di tutto devono aumentate le ispezioni nelle aziende, i rapporti periodici su questo fronte ci dicono che sono ancora troppo poche. In parallelo devono essere istituite lungo l’intera penisola le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità, previste dalla 199 del 2016. Nell’articolo 8 di questa legge sono già scritte nero su bianco azioni che il governo deve mettere in campo, visto che anche i precedenti esecutivi non l’hanno fatto. Le sezioni territoriali sono essenziali su temi importanti come l’alloggio, il trasporto e la corretta applicazione dei contratti. Le sezioni territoriali devono lavorare per ‘togliere acqua’ ai caporali, che girano indisturbati, molto spesso con furgoni che andrebbero sequestrati immediatamente, perché oltretutto violano il codice della strada.
Bisogna prevedere un piano di accoglienza per i lavoratori migranti, ma adesso ci sono anche i 200milioni del Pnrr, che vanno investiti per cancellare quell’autentica vergogna italiana che sono i cosiddetti ‘insediamenti informali’, in realtà baraccopoli senza alcun tipo di servizio a partire dall’acqua, non luoghi che nonostante le mille parole di questo governo – e anche di quelli precedenti – continuano a fiorire lungo la penisola.
Essenziale è anche l’istituzione di un ‘indice di coerenza’ del comportamento aziendale, molto simile al ‘Durc’ di congruità che esiste nel settore edile. Anche questo è già previsto dalla legge. L’incrocio dei dati tra i vari enti di controllo, Agea, Inps, Inali e Ispettorato del lavoro, è fondamentale per poter agire con maggiore efficienza, conoscere nel dettaglio la realtà delle imprese, e indirizzare chirurgicamente le ispezioni, evitando in questo modo i controlli inutili. Naturalmente il tema di fondo è quello di cancellare la legge Bossi-Fini, una legge criminogena, che ha portato a una situazione insostenibile del mercato del lavoro, con i migranti costretti di fatto alla clandestinità se non soggiacciono ai ricatti del padrone (imprenditore) di turno.
La Bossi-Fini va cancellata, solo il 20% di chi arriva con il decreto flussi ottiene un contratto regolare. Basta questo dato per capire che l’impostazione securitaria, non per caso la sua applicazione è demandata al Viminale e non al ministero del Lavoro, è stata un fallimento. Dove è lo Stato per l’altro 80% di migranti arrivati con il decreto flussi, come Satnam, costretti a diventare fantasmi? È un modello produttivo completamente sbagliato quello basato sulla compressione dei diritti, un modello che porta le imprese a competere sullo sfruttamento.