Stellantis in Italia, e in generale l’automotive in Europa, sono al collasso. Le prospettive industriali e occupazionali sono sempre più nere, le crisi dell’ex Fiat e di Volkswagen-Audi rischiano di produrre un terremoto per l’intera industria continentale, mentre Stati Uniti e Cina difendono il settore con fortissimi investimenti.

Servono risposte: dall’Unione Europea, dal governo, da Stellantis e dalle aziende della componentistica. Anche perché, ormai, non si contano più chiusure e lunghi periodi di ammortizzatori sociali. I lavoratori ne hanno abbastanza e venerdì 18 ottobre daranno vita, guidati da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, allo sciopero generale unitario dell’automotive, intitolato “Cambiamo marcia: acceleriamo verso un futuro più giusto”.

In occasione dello stop si terrà anche una manifestazione nazionale a Roma. L’appuntamento è in piazza Barberini alle ore 9,30, il corteo arriverà in piazza del Popolo dove ci saranno gli interventi dei delegati e dei segretari generali Michele De Palma (Fiom Cgil), Ferdinando Uliano (Fim Cisl) e Rocco Palombella (Uilm Uil).

A Roma saranno presenti anche delegazioni di sindacati europei e mondiali. Parteciperanno Judith Kirton-Darling (segretaria generale IndustriAll Europe), Christine Olivier (segretaria generale aggiunta IndustriAll Global), Juan Blanco (responsabile internazionale Cc.Oo, Spagna), Kristyne Peter (responsabile internazionale Uaw, Stati Uniti) e una delegazione del sindacato belga Metea dell’Audi.

L’appello della Fiom Cgil

“Il 18 ottobre noi ci alziamo in piedi e incrociamo le braccia: scioperiamo per difendere il lavoro e il nostro futuro”. Così il segretario generale Michele De Palma: “Abbiamo deciso di fermarci insieme, con una grande manifestazione a Roma, perché pensiamo che si possano salvare il sistema dell’automotive e la produzione industriale dell’auto nel nostro Paese”.

Ma l’Europa, il governo e Stellantis devono dare risposte. “A Bruxelles e a Roma – riprende il leader sindacale – chiediamo un pacchetto straordinario di risorse per sostenere la transizione del settore attraverso investimenti in ricerca, sviluppo, progettazione, ammortizzatori sociali, formazione, riduzione dell’orario di lavoro, batterie e infrastrutture di ricarica”.

Per De Palma questi investimenti pubblici “devono vedere la partecipazione dei privati e dovranno essere concessi esclusivamente alle aziende che garantiscono l’occupazione e il futuro degli stabilimenti. Occorre impedire che gli errori delle multinazionali e le speculazioni finanziarie siano scaricati sui lavoratori in termini di occupazione, salario e diritti. La strada verso la transizione ecologica deve essere fatta con i lavoratori senza impossibili retromarce, perché in crisi non sono solo le auto elettriche ma tutti i tipi di propulsione”.

La situazione di Stellantis

“Da tempo in Italia, più che una transizione industriale, c’è una cessazione industriale dell’automobile. E c’è una responsabilità precisa di Stellantis”, spiega il leader Fiom: “Si è consentito per dieci anni, a Fca prima e a Stellantis poi, di abbassare il livello produttivo, di ridurre il numero degli occupati. Basti un dato: i dipendenti ora sono 34 mila, ma dal 2014 ne abbiamo persi più di 11 mila. E di questi, 2.400 erano addetti degli enti centrali, cioè coloro che dovrebbero fare ricerca e sviluppo per costruire il futuro”.

De Palma evidenzia anche “l’incapacità dei governi che si sono succeduti di chiedere all’azienda un piano industriale che consenta di poter utilizzare la capacità installata nel nostro Paese. Noi possiamo produrre due milioni di auto, come ad esempio fanno in Spagna pur non avendo un produttore nazionale. Il tema, dunque, è se si vuole o meno avere in Italia la sovranità produttiva del sistema dell’automotive”.

Venendo appunto alla produzione, il segretario generale sottolinea che “tutti i nuovi modelli Stellantis che sono stati lanciati, quelli con un ‘marchio italiano storico’, non saranno prodotti in Italia: non lo saranno l’Alfa Romeo, la Lancia, la Ypsilon, la nuova Panda, la Topolino. Nessuno di questi verrà fabbricato in Italia. Quest’anno rischiamo di produrre addirittura meno di 300 mila autovetture”.

L’Italia, insomma, ha perso “autonomia in ricerca e sviluppo perché Stellantis ha invitato ingegneri e progettisti a uscire dall’azienda offrendo incentivi. Parimenti stiamo perdendo capacità produttiva, perché sono migliaia i lavoratori, da Nord a Sud, che tra cassa integrazione e incentivi all’esodo stanno andando via”.

L’ultima battuta è per la “condizione drammatica” in cui versano i dipendenti Stellantis. “Sono più di dieci anni che la maggior parte è in ammortizzatori sociali, ma quando poi sono chiamati al lavoro devono correre sulle linee di montaggio”, conclude De Palma: “Siamo nella situazione paradossale in cui, quando lavori, devi correre, ma subito dopo vieni messo in cassa integrazione. L’ammortizzatore sociale, quindi, viene usato come strumento di flessibilità nell’utilizzo degli impianti”.