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Il Diario di guerra di Bruno Trentin, pubblicato dalla Donzelli nel 2008 con un’introduzione di Iginio Ariemma, è stato trovato tra le sue carte qualche settimana dopo la morte, avvenuta il 23 agosto 2007. Nessuno ne conosceva l’esistenza, neppure i familiari e gli amici più stretti. Bruno lo compila quando non ha ancora 17 anni: tra il 22 settembre e i1 15 novembre 1943. Quattro giorni dopo, il 19 novembre, sarà arrestato a Padova con suo padre Silvio, presidente dell’esecutivo militare del Comitato di Liberazione del Veneto.
Scritto nella sua lingua madre, il francese, Le Journal de guerre è contenuto in un’agenda in tela nera, di 14,3 centimetri per 22,2, che reca sulla copertina, con caratteri in doratura, la scritta “Mastro giornaliero”. Le pagine adoperate da Trentin sono in tutto 212, quelle che nella sequenza giornaliera dell’agenda vanno dal 1° gennaio al 16 agosto 1944 (è da presumere che l’agenda sia stata acquistata nei giorni immediatamente precedenti al 22 settembre 1943 e che fosse dunque già in vendita, in vista dell’anno successivo). Negli angoli alti esterni, l’aggiunta con la matita blu di una numerazione progressiva, che si interrompe a pagina 159.
I testi sono redatti con inchiostro stilografico nero. Frequenti sono le sottolineature, a penna o a matita - nera, rossa o blu -. Altrettanto frequenti le inserzioni di ritagli di giornale, volantini, cartine geografiche e altri materiali a stampa. Tutto il testo, ordinatissimo, è scritto in francese, salvo qualche rarissima citazione in italiano e l’ultima frase a matita, anch’essa scritta in italiano: “Tempo perduto. Ora all’opra!”
Scriveva Bruno poco prima di essere arrestato nel novembre 1943: “L’Italia finalmente si risveglia! Su tutta la superficie della penisola occupata dagli invasori tedeschi e dai loro degni sicari fascisti, il popolo italiano, quello del 1848, quello di Garibaldi e di Manin è in piedi e lotta ... A partire da ora, i criminali di Matteotti, gli assassini di Amendola, di Rosselli e di tutte le migliaia di eroi che non hanno voluto piegarsi alla loro ignobile tirannia, cominciano a pagare il pesante tributo dei loro crimini (…)”.
E poco più avanti: “La guerra è aperta, oramai. Sorda, segreta, ma terribile. È lo spirito dei rivoluzionari che si facevano ammazzare nelle barricate ad animare oramai il popolo del Risorgimento. Dopo aver dormito vent’anni, questo popolo martire fa sentire all’immondo aguzzino in camicia nera tutte le terribili conseguenze del suo risveglio. È in piedi oramai. Lo si era creduto morto, servitore, vile e codardo, e invece è là!”. Silvio e Bruno vengono arrestati e imprigionati a Padova a metà novembre 1943, poi liberati ma sotto sorveglianza.
In carcere Silvio è colpito da un nuovo attacco di cuore: viene ricoverato prima a Treviso poi a Monastier dove muore nel marzo 1944, dopo aver dettato a Bruno nel mese di gennaio un abbozzo di un piano tendente a delineare la figura costituzionale dell’Italia al termine della rivoluzione federalista in corso di sviluppo e redatto un ultimo appello ai lavoratori delle Venezie.
Bruno, che non ha ancora diciotto anni alla morte del padre, si dedica anima e corpo alla guerra partigiana con lo pseudonimo Leone: prima nella marca trevigiana soprattutto nelle Prealpi sopra Conegliano, poi, dopo il rastrellamento tedesco dell’estate 1944 a Milano, agli ordini del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia e di Leo Valiani, a cui il padre lo aveva affidato prima di morire.
“Bruno - scriveva nel 2012 Luisa Bellina - è un gappista determinato, dal sangue freddo eccezionale. I compagni di lotta ne ricordano il carisma: ti inchiodava con lo sguardo. Più giovane di tutti loro, impartisce ordini, risolve problemi, corre da un posto all’altro ‘con la furia di un ragazzo che aveva solo voglia di divorare, di divorare conoscenze, luoghi, persone”.
Emilio Lussu, in una lettera dell’11 maggio 1945 alla sorella Franca Trentin, lo definisce come “uno dei più audaci capi dell’insurrezione di Milano. (...) È stato semplicemente magnifico e ha rischiato mille volte: gli hanno sparato addosso in tante occasioni e si è sempre salvato. Egli ha in modo luminoso tenuto alto il nome dei Trentin”. E in un’altra del 6 giugno: “Capo delle squadre giovanili all’insurrezione di Milano, comandava oltre 2 mila uomini. Ora fa dei comizi nelle fabbriche con successi strepitosi! Se l’è cavata per miracolo. In una spedizione, sullo stesso camion sono morti otto suoi giovani compagni presi di mira dai fascisti che vi lanciavano bombe. Si è salvato solo lui e lo chauffeur. Ha avuto anche altre avventure del genere. Insomma, è in vita. Ed è ben orgoglioso di portare il nome di Trentin”.
Bruno non si limita a svolgere azioni militari, ma partecipa attivamente alla preparazione politica della Liberazione. Redige insieme a Vittorio Foa il proclama per l’insurrezione di Milano e prende la parola in piazza a nome dei giovani combattenti del Partito d’Azione.
Per la sua partecipazione alla Resistenza gli verrà assegnata la croce al valor militare con la seguente motivazione: “Partigiano combattente - brigate G.L. - Partecipava con grande slancio alla lotta partigiana. Benché giovanissimo, dimostrava ottime capacità nell’organizzare alcune formazioni, alla testa delle quali compiva numerose azioni e concorreva efficacemente ai vittoriosi combattimenti delle giornate insurrezionali - Treviso - Milano settembre 1943 - aprile 1945”.