Si è tenuta questa mattina la riunione annuale di Bosch Italia con le organizzazioni sindacali. L’azienda ha presentato una situazione del gruppo a livello mondiale sostanzialmente positiva nonostante un leggero rallentamento dell’industria dovuto sopratutto alla volatilità dei mercati generata dalle scelte politiche di alcune nazioni (dazi, contrapposizione tra Usa e Cina).
Per quel che riguarda l’Italia, non si è centrato completamente l’obiettivo dovuto al forte rallentamento del secondo semestre 2018 soprattutto nel settore dell’automotive. Infatti mentre alcune divisioni hanno migliorato o almeno pareggiato il risultato del 2017, il settore dell’automotive è quello che ha sofferto di più. “In particolare – riferisce Simone Selmi, coordinatore nazionale Bosch per la Fiom Cgil – il crollo della motorizzazione diesel ha determinato la crisi dello stabilimento di Bari, per il quale l’azienda ha confermato i dati forniti anche all’ultimo incontro tenuto al Mise il 27 giugno scorso con l'annuncio di circa 650 esuberi”.
Crisi che, aggiunge il sindacalista, “per il momento è stata gestita con il ricorso agli ammortizzatori sociali e con un importante accordo di solidarietà tra gli stabilimenti di Bari e Nonantola, Vezzano e Pavullo, ma non basta”. La Fiom ha ribadito “che stante la crisi del settore automotive, che nel nostro Paese soffre anche del ritardo degli investimenti da parte di Fca, per poter fare ripartire il lavoro la strada deve essere quella della diversificazione e degli investimenti sulle nuove tecnologie”.
Inoltre, la Fiom “crede sia arrivato il momento di aprire una stagione di relazioni sindacali che possano affrontare i temi generali di un gruppo che vede la presenza in diverse realtà industriali e commerciali e oltre 6.000 dipendenti. In mancanza di un progetto di riconversione ecologica, il rischio è che gli esuberi diventino strutturali. Bisogna investire sulla transizione”.