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Produzione ferma, oggi, alle Vetrerie Riunite e alla Borromini, le due aziende di Colognola ai Colli diventate ormai il simbolo della valanga di crisi aziendali che si è abbattuta sul territorio veronese. L’adesione allo sciopero promosso da Filctem Cgil (Vetrerie Riunite), Fiom Cgil (Borromini) ed altre sigle sindacali, ha visto l’adesione pressoché totale tra gli operai. Il presidio dei lavoratori e delle lavoratrici ha contestato la decisione della proprietà, comune alle due aziende (due fondi di investimento portoghesi) di decretare la chiusura dell’attività per la Borromini (produttrice di stampi per vetro, con conseguente licenziamento collettivo di tutti 45 i lavoratori), e di dimezzare la capacità produttiva delle Vetrerie Riunite (300 lavoratori) annunciando la chiusura di uno dei due forni, con un potenziale molto alto, sebbene ancora non dichiarato, di esuberi. Il presidio ha ribadito la necessità che si accenda un faro sullo stato di queste crisi che stanno impoverendo pesantemente il territorio. È quanto si apprende da una nota congiunta.
“Lo sciopero dei dipendenti di Vetrerie Riunite di questa mattina riprende il percorso di mobilitazione intrapreso lo scorso mese di dicembre a seguito della mancata presentazione del piano industriale da parte della nuova proprietà aziendale” spiega Gianni Morandini, segretario generale Filctem Cgil Verona. “La comunicazione del 13 febbraio scorso, nella quale l'azienda aveva esposto l'intenzione di spegnere uno dei due forni a tempo indeterminato, ci fa sempre più pensare al fatto che un piano industriale esista e che lo stabilimento di Colognola ai Colli sia destinato, se va bene, a un massiccio ridimensionamento, e nella peggiore delle ipotesi a un progressivo spegnimento, spostando le produzioni in paesi dove i costi di produzione sono più bassi. Riesce comunque difficile comprendere – prosegue il Segretario – come in poco più di un anno dall'acquisizione da parte della nuova proprietà, si decida di chiudere una azienda (Borromini) e dimezzarne un'altra (Vetrerie Riunite), ma evidentemente stiamo parlando di logiche finanziarie e non industriali. Lunedì 3 marzo al tavolo regionale sulle crisi chiederemo alle istituzioni di aiutarci a fermare questa deriva, anche alla luce del fatto che negli ultimi anni Vetrerie Riunite ha usufruito di parecchi finanziamenti pubblici e se adesso pensano di socializzare le perdite facendo pagare i soliti noti, troveranno tutta la nostra opposizione” conclude.
Aggiunge Martino Braccioforte, segretario generale Fiom Cgil Verona: "I lavoratori e le lavoratrici della Borromini di Colognola ai Colli sono in vertenza ormai da settimane. Nonostante l'incontro apparentemente positivo della scorsa settimana presso l'Unità di Crisi e l'appoggio dell'assessora Mantovan, questa settimana la proprietà ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per i 45 lavoratori e lavoratrici del sito. Con l'avvio della procedura e con quello che i compagni della Filctem ci hanno comunicato riguardo la mancanza di un piano industriale e lo spegnimento di un primo forno, le intenzioni dei Fondi Teak Capital e Tangor Capital sono molto chiare. Dismettere e licenziare dopo aver fatto cassa grazie ai fondi pubblici elargiti dal governo che, ricordiamo, ammontano a 47 milioni di euro. A questo punto non possiamo che chiedere nuovamente l'intervento delle Istituzioni, della Regione e del Governo perché non si permetta a questo fondo speculativo di procedere in tal senso. Distruggere una realtà produttiva storica e redditizia in nome della finanza e del capitale, dopo avere speculato grazie ai soldi della comunità, a discapito di centinaia di donne e uomini che qui vivono e lavorano”.
Braccioforte sottolinea anche che lo sciopero con presidio di oggi è stato organizzato anche per protestare contro la proprietà ed è stato realizzato in concomitanza con lo sciopero unitario dell’industria metalmeccanica per il rinnovo del Ccnl, perché è l'intera industria metalmeccanica italiana e veronese ad essere sotto attacco in questo momento. Il tasso di adesione allo sciopero e ai presidi di oggi è stato molto alto sia per le questioni legate al rinnovo del Ccnl che per le crisi industriali che stiamo affrontando proprio in queste settimane. La risposta dei metalmeccanici e delle metalmeccaniche è stata unitaria e massiva e sta a significare che noi non ci fermeremo finché non avremo ottenuto quello che ci spetta e cioè il rinnovo del Cccnl che realizzi le proposte presenti nella nostra piattaforma e, nel nostro territorio, la revoca delle procedure di chiusure e di licenziamenti per la Borromini, la Breviagri, la Georg Fischer, senza dimenticare la necessità di stipendi regolari che spesso vengono meno alla Ex Riello". Vertenza nella vertenza, alla Riello si è unita alla protesta anche la Filt Cgil Verona “Per appoggiare la Fiom ma anche per protestare contro le condizioni dei lavoratori in appalto della logistica, che non possono usare la mensa come i diretti; non usufruiscono di buoni pasto in sostituzione della mensa; le lavoratrici non dispongono di spogliatoi dedicati” sottolinea Alessandro Poles, segretario Generale Filt Cgil Verona. “Inoltre Velox Solution, l’azienda in appalto, non versa all’ente bilaterale e alla polizza sanitaria, che sono obbligatorie”.
“Le crisi aziendali che nel veronese si susseguono numerose, gravi e e preoccupanti, rappresentano un brusco risveglio dalla narrazione che ha tenuto banco per anni, nella quale in molti, troppi, si sono cullati: quella di un territorio (veneto e veronese) proiettato impavido sullo scenario internazionale” dichiara Francesca Tornieri, segretaria generale Cgil Verona. “La triste realtà è che ci apprestiamo a leccarci le ferite di una internazionalizzazione che non risponde ad alcuna logica all’infuori della massimizzazione dei profitti a livello globale. Una internazionalizzazione che, malgrado i richiami da parte sindacale che si ripetono da decenni, le istituzioni hanno affrontato del tutto impreparate, con lo stesso sistema formativo di 40 anni fa, gli stessi ammortizzatori sociali, gli stessi strumenti spuntati di risoluzione delle crisi produttive. Ci auguriamo che il territorio, con la sua diversificazione, sia in grado di riassorbire posti di lavoro (vedremo quanti) ma la prospettiva che ci pongono le chiusure di queste imprese è quella di una perdita secca di saperi, abilità, processi produttivi. Come Cgil lo diciamo da anni: questo non è un sistema sostenibile; la mancanza di politiche industriali proprie rende il Paese e il territorio supino alle scorribande dei fondi speculativi e ad un modello di imprenditoria che annienta la dignità e la professionalità del lavoro. E’ una logica alla quale noi ci opponiamo con tutti gli strumenti democratici, a partire dal voto ai 5 referendum sui quali chiediamo la partecipazione di tutte e di tutti”.