I numeri non lasciano dubbi: il prezzo pagato dal lavoro nella regione Marche nell'anno della pandemia è altissimo: 10 mila lavoratori dipendenti in meno nel 2020 e netto calo delle retribuzioni medie. Un colpo durissimo soprattutto per donne e giovani, impegnati prevalentemente in lavori precari e part time. Solo metà dei lavoratori ha un lavoro standard a tempo pieno e indeterminato e un terzo ha salari inferiori a 10 mila euro lordi. Sono i dati forniti dall'Inps ed elaborati da Marco Amichetti, della Cgil regionale. 

Nel 2020 i lavoratori dipendenti privati occupati nelle Marche erano 423 mila, in netto calo rispetto all’anno precedente, con oltre 10 mila lavoratori in meno, pari a -2,4%, un dato in linea con il trend nazionale e che riporta l’occupazione indietro di 10 anni. "Rispetto al 2010, spiega una nota della Cgil marchigiana, i lavoratori dipendenti nella regione sono aumentati solo dello 0,4%, dato decisamente inferiore a quello riferito al Centro Italia (+6,8%) e a quello nazionale (+6,6%), e comunque ancora inferiore a quello del 2008, anno di inizio della crisi, quando nelle Marche si registravano oltre 435 mila lavoratori. 

6mila le lavoratrici dipendenti in meno (-2,9%) mentre i lavoratori diminuiscono di 4 mila (-1,7%) e il bilancio per i giovani unger 29 è ancora più pesante: 16 mila in meno (-7,1%).

Dai numeri emerge, inoltre, che 140 mila lavoratori, ovvero uno su tre, hanno un rapporto di lavoro part time; che i lavoratori con contratto di lavoro a termine sono 90 mila, ovvero 11 mila in meno di rispetto all’anno precedente (-11,0%); che i lavoratori stagionali sono 14 mila, stabili rispetto al 2019 ma più che triplicati in 10 anni, mentre i lavoratori intermittenti sono 31 mali e i somministrati sono 24 mila (-10,6%). Coloro che hanno un contratto di lavoro standard, a tempo pieno e indeterminato, sono 225 mila, pari al 53,2%, ovvero la metà del complesso dei lavoratori dipendenti e 32 mila in meno rispetto a 10 anni fa (-12,4%). Osservando i lavoratori per qualifica professionale, nel 2020 si assiste un calo di 7mila operai (pari a -2,7%), 2mila impiegati (-1,3%) e oltre mille apprendisti (-6%). Questi ultimi diminuiscono pesantemente anche rispetto al 2010 (-18,7%).

Per Daniela Barbaresi, segretaria generale della Cgil Marche e Rossella Marinucci, segretaria regionale, responsabile del Mercato del Lavoro: “Il blocco dei licenziamenti e gli ammortizzatori per Covid, fortemente voluti dal Sindacato, hanno consentito di mitigare l’impatto della pandemia, ma il prezzo pagato da lavoratori e lavoratrici è stato altissimo. Nel 2021 si registra una significativa ripresa dell’occupazione ma è rappresentata prevalentemente da rapporti di lavoro precari, discontinui e a tempo parziale che continuano a erodere il lavoro stabile e a tempo pieno che ormai interessa solo un lavoratore su due. Peraltro il lavoro precario e parziale ha in impatto con forti differenze di genere e generazionali, infatti solo una lavoratrice su tre ha un lavoro a tempo pieno e indeterminato. Lo stesso vale per i giovani con meno di 29 anni che hanno pagato il prezzo più alto della crisi pandemica e della destrutturazione del lavoro. Nelle Marche è necessario invertire al più presto queste tendenze. La ripresa sarà effimera e lo sviluppo apparente se non incardinati nella qualità del lavoro e dell’occupazione, e sulla valorizzazione delle competenze che il lavoro può e deve esprimere: su questo terreno, il sistema produttivo marchigiano si gioca il futuro”.

 

Il calo occupazionale interessa quasi tutti i settori. Nell’industria manifatturiera i settori più colpiti sono quello della moda (-5,8%) e del mobile (-2,4%), mentre è sostanzialmente stabile la meccanica (-0,5%). Più colpiti i lavoratori del terziario e in particolare turismo e ristorazione (-11,2%), attività sportive e culturali (-14,3%%) e servizi a persone e famiglie (-10,8%). Stabili i lavoratori nei trasporti mentre sono in netta crescita nell’edilizia (+4,3%) e nell’assistenza socio-sanitaria (+5,5%).

 

Negli ultimi dieci anni lo scenario è molto cambiato: nell’industria manifatturiera si sono persi 18 mila lavoratori dipendenti (pari a -10,6%) e il pesante calo ha interessato tutti i settori, salvo quello chimico-farmaceutico. Particolarmente preoccupante la contrazione nel calzaturiero-abbigliamento dove si sono persi ben 14 mila lavoratori e lavoratrici, cioè quasi un terzo della sua forza lavoro (-31,1%). Significativo invece l’incremento dell’occupazione nel terziario, con 26 mila lavoratori dipendenti in più in 10 anni (+12,3%), accentuando il processo di terziarizzazione del tessuto economico e occupazionale. Crescono in misura rilevante i lavoratori negli studi professionali, attività informatiche, ricerca, e servizi alle imprese (+30,3%), nel turismo e ristorazione (+14,1%) e nel settore dell’assistenza sanitaria e sociale (+47,7%). In forte diminuzione invece i lavoratori dipendenti nell’ambito delle attività finanziarie e assicurative (-16,8%).