“Lunedì 10 febbraio Beko ha presentato un piano industriale con poche novità rispetto a quello del 20 novembre scorso”. A dirlo sono Fiom Cgil, Fim Cisl, Uim Uil e Uglm, precisando che “il punto di partenza era così drammatico che, pur con alcune modifiche da verificare, anche il nuovo piano si presenta insufficiente e suscita dubbi sulle prospettive industriali e sulla sostenibilità sociale”.

Per quanto concerne la fabbrica di Cassinetta (Milano), è stata “ritirata la decisione di dismettere due linee di montaggio; l’abbassamento dei volumi sarebbe affrontato con una modifica dell’assetto dei turni, ma gli esuberi si abbasserebbero a 350, a fronte degli originari 540”.

A Siena, ferma restando “l’intenzione di cessare la produzione a fine anno, c’è la disponibilità a mantenere il contratto di affitto dell’area e i rapporti di lavoro in essere fino alla fine del 2027, purché ci sia una disponibilità di ammortizzatori sociali e con l’obiettivo di favorire una operazione di reindustrializzazione”.

A Comunanza (Ascoli) si sta valutando “un piano alternativo alla chiusura, con un livello produttivo economicamente sostenibile che verificheremo nel merito e nella concretezza al prossimo appuntamento”. A Melano (Ancona) e Carinaro (Caserta) si conferma il numero originario rispettivamente di 68 e 40 esuberi.

Per quanto concerne le attività di staff, nel comparto R&D ci sono 198 esuberi, di cui la massima parte sussiste fra Cassinetta e Fabriano; 98 esuberi sono inoltre nella parte commerciale, principalmente a Milano e in misura minore a Fabriano; 19 esuberi nella divisione Medio Oriente e Africa; ben 363 esuberi infine nelle funzioni regionali.

“Nel complesso – spiegano i sindacati – nelle funzioni impiegatizie siamo in presenza di 678 esuberi, che, anche se potrebbero diminuire in conseguenza della revisione del piano industriale, rimarrebbero un numero insostenibile. Più in generale la direzione di Beko ha dato la disponibilità ad affrontare gli esuberi anche attraverso percorsi di accompagnamento alla pensione. Si conferma l’intenzione di investire 300 milioni di euro in un triennio, a condizione che venga varato il piano di risanamento, con gran parte dell’investimento sulla divisione cottura, ma che manca tuttavia di tutti gli elementi di dettaglio”.

Fiom, Fim, Uilm e Uglm esprimono “delusione per una posizione aziendale che appare ancora insufficiente per provare ad arrivare a un’intesa”. E chiedono al governo di “dar seguito con fatti alle parole espresse nell'incontro precedente, a cominciare dall'acquisizione del sito di Siena, e far pesare davvero sulla multinazionale il peso politico più volte richiamato”.

Le quattro sigle così concludono: “Al prossimo incontro del 24 febbraio ci aspettiamo un chiarimento sugli investimenti che dimostri un’effettiva volontà di rilanciare anche la refrigerazione e il lavaggio, una svolta sullo stabilimento di Siena e una modifica profonda nelle decisioni inerenti le funzioni impiegatizie”.