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Il precariato non è un caso: è frutto di leggi sbagliate che vanno cambiate. Di qui la scelta dei referendum: “Ridiamo voce e dignità ai cittadini, rimettiamo nelle loro mani uno strumento per decidere”. Così Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, nell'intervista rilasciata questa mattina (3 aprile) a la Repubblica, spiega tra le altre cose il motivo per cui la Confederazione ha deciso di intraprendere la strada dei referendum per cambiare un mercato del lavoro iniquo, a partire da articolo 18 e Jobs Act.
Insomma, “basta con la propaganda e le promesse da eterna campagna elettorale. Metà degli italiani non vota più, il Paese invecchia, fa muro ai migranti e lascia scappare i giovani all'estero. Anziché lottare contro l'evasione, il governo procede a colpi di sanatorie, concordati, condoni. Diciamo no”
E ancora: “Serve un nuovo modello sociale: non quello di Firenze con i migranti in nero che muoiono sul lavoro precario, sì al lavoro dignitoso in cui non si muore lavorando”. E poi: “L'Italia ha gli extraprofitti ai massimi e gli stipendi ai minimi. È ora di fare rumore e dire basta”.
E se i giovani non sanno più che cos’è l’articolo 18, è “perché non hanno più tutele e perché sono totalmente precari. Qualche giorno fa ero a Piacenza, all'assemblea dei lavoratori di Amazon. La maggior parte è stata assunta dopo il 7 marzo 2015, senza le tutele degli altri. Ha senso avere in Italia due regimi? Uno che in caso di licenziamento illegittimo ti assicura la reintegra sul posto e l'altro solo un indennizzo? Mai sentito un giovane dire che da grande vuole fare il precario”.
Il modello che crea sviluppo, e insieme lavoro giusto, è un altro: bisogna prendere “i soldi dove ci sono extraprofitti e rendite. L’anno scorso su 7 milioni di contratti attivati solo il 16% era stabile, l'84% precario. E cioè a termine, intermittente, stagionale, somministrato. In Italia quasi 6 milioni di persone non arrivano a 11 mila euro lordi annui di reddito da lavoro. E il governo non ha preso un euro da profitti ed extraprofitti”.
Il leader della Cgil contesta anche la lettura dei dati sull’occupazione che offre il governo: “I numeri parlano chiaro. La povertà aumenta. E se anche l'occupazione cresce, significa una cosa sola: si è poveri pur lavorando. È arrivato il momento di cambiare”.
E visto che il risultato a cui siamo giunti è questo, è chiaro che “è ora di fare un bilancio onesto su 25 anni di politiche di flessibilità del mercato del lavoro, avallate da tutti i governi, dal Libro Bianco di Maroni al Jobs Act di Renzi”. Politiche che per Landini hanno ottenuto un solo risultato: “Precarietà diffusa, disuguaglianze aumentate, salari abbassati, sanità e istruzione tagliati, politiche industriali inesistenti, lavoro insicuro. Il governo Meloni non ha invertito queste tendenze, anzi ha liberalizzato il lavoro a termine e reintrodotto i voucher”.
E a pagare sono soprattutto “giovani, donne e Sud” ed è per questo che “abbiamo deciso di usare anche l'arma del referendum, oltre che quella della contrattazione collettiva, della mobilitazione e della raccolta firme per leggi di iniziativa popolare con le nostre proposte su lavoro, sanità, lotta alla povertà”.
Il segretario generale della Cgil si è poi soffermato sullo sciopero indetto con la Uil sulla sicurezza per il prossimo 11 aprile: “Avevamo preso un impegno in autunno con i lavoratori. Senza risposte, avremmo proseguito. Non sono arrivate risposte. Anzi la situazione peggiora. Si continua a morire sul lavoro. E dopo Firenze non è stata aperta alcuna vera trattativa”.
Bocciata la patente a punti nella versione governativa: “I punti possono essere recuperati anche con un solo corso di formazione. Noi invece chiediamo di abolire il subappalto a cascata, sia nei lavori pubblici che privati” e va anche introdotta la “responsabilità del committente per ciò che succede lungo tutta la catena. Il ripristino della parità economica e normativa in tutti gli appalti”.
E poi il Primo maggio a Monfalcone “per costruire un'altra Europa, sociale e del lavoro e per la pace. Per dire basta all'austerità e al nuovo Patto di stabilità, come anticipato dal sindacato europeo il 13 dicembre”. E se “il governo, come faceva capire la premier a gennaio, toccherà ancora la spesa sociale, siamo pronti a inasprire la mobilitazione”.
Nell’intervista Landini tocca anche la vertenza Stellantis, con la Fiom che ha rifiutato il piano di uscite incentivate messo sul piatto dall’azienda: “La Fiom non ha firmato perché quel piano è di fatto un accompagnamento alla cessazione delle attività o alla chiusura degli stabilimenti. Da anni chiediamo che il governo convochi la proprietà e apra una trattativa con i sindacati per definire gli investimenti e l'impatto sulla componentistica”, di qui il motivo per cui “questo il 12 aprile tutti i sindacati sciopereranno a Mirafiori. La mobilitazione per nuove politiche industriali è solo all'inizio”.
Infine un riepilogo delle prossime mobilitazioni: “La manifestazione a Roma del 20 aprile sulla sanità che non funziona” e di seguito “il 25 aprile a Milano contro la guerra, per la libertà e democrazia e per celebrare la vittoria sul nazifascismo” e infine “il 25 maggio a Napoli con tutte le associazioni della Via Maestra per applicare la Costituzione e unire il Paese contro l'autonomia differenziata. Se il governo va avanti su questo, valutiamo anche il referendum abrogativo”.