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La crisi degli alberghi che dall’inizio dell’anno, caduto il blocco dei licenziamenti, è l’ultima crudele incarnazione della recessione del turismo innescata dalla pandemia, si sta diffondendo come una piaga. Adesso è la volta di Bari, dove a chiudere improvvisamente i battenti è l’Hotel Palace, il grande albergo della città, 197 camere, quello dove soggiornavano le celebrità di passaggio, ma soprattutto una struttura che ha sempre lavorato molto e che prima della pandemia non aveva conosciuto flessioni.
Non si tratta però di una chiusura per crisi, la situazione dell’Hotel Palace è un po’ più ingarbugliata e i nodi si concentrano nei rapporti tra la proprietà dell’immobile, la Saiga srl, e l’ultima società che ne ha curato la gestione, la Palace Eventi, che “ha deciso di interpretare uno dei primi decreti emessi dal governo Conte per la sospensione degli affitti, interrompendo il pagamento per cinque mesi consecutivi – spiega Antonio Miccoli, segretario generale della Filcams Cgil di Bari – chiedendo poi alla proprietà di eseguire dei lavori di manutenzione straordinaria che questa ha rifiutato di sovvenzionare. È nato così un conflitto, sfociato poi in un decreto del Tribunale di Bari che intima alla Palace Eventi di lasciare l’immobile”.
Tra nodi e conflitti sono intrappolati i lavoratori che con la fuoriuscita della società, il 17 gennaio, hanno visto aprire una procedura di licenziamento collettivo, diretta ai 43 dipendenti con un contratto a tempo indeterminato “ma che di fatto coinvolge anche i lavoratori in appalto, fino ad arrivare a tutto l’indotto, per un totale di 88 addetti” precisa Miccoli.
“Abbiamo chiesto un intervento immediato da parte dell’amministrazione comunale, per capire cosa ne sarebbe stato della licenza, ed è stata attivata una task force regionale per seguire la vicenda sul piano occupazionale – riferisce il segretario della Filcams – e ieri sera finalmente è arrivata una nota della Saiga nella quale dichiara che la struttura resterà un albergo e si impegna a garantire la salvaguardia occupazionale”. Smentite così le voci che davano possibile la conversione abitativa di parte dell’immobile.
L’avvicendamento di diverse gestioni non è una novità, “in passato la Saiga è sempre stata al fianco delle nuove società e ha fatto in modo che ai dipendenti fosse garantita la continuità del lavoro – racconta Miccoli – sono stati fatti accordi sindacali di passaggio da una società all’altra ed è stata tutelata l’occupazione. Questa volta non sembrava andare così, perché l’albergo è stato smembrato, hanno portato via tutto, sono rimaste solo le mura, ma la notizia di ieri ci permette di portare avanti una trattativa”.
Nel palazzo vuoto da lunedì ci sono i lavoratori, che lo hanno occupato. Sotto i loro occhi sono passati in una triste processione tutti gli arredi dell’hotel, le cucine, le suppellettili, le fioriere dei terrazzi e infine l’insegna, smontata e portata via come atto di deposizione finale. “Abbiamo occupato per chiedere un gesto di responsabilità da parte della proprietà dell’immobile, perché ci dicesse se intendeva rilanciare la struttura alberghiera: la novità di ieri apre alla possibilità di revocare la procedura di licenziamento e attivare un percorso di ammortizzatori fino alla nuova apertura. La nostra preoccupazione – conclude Miccoli – era che a distanza di un anno o più potessero riaprire con una nuova società senza i lavoratori, impiegati al Palace da decenni”.
“Siamo qui, avvinghiati a una speranza – racconta Antonia, da una trentina d’anni all’organizzazione di eventi e congressi – perché non è solo una questione occupazionale, ma un vero e proprio legame affettivo: molti di noi sono entrati nell’albergo da giovani, con poca esperienza, e sono cresciuti al suo interno. La proprietà e le società che si sono succedute hanno sempre investito molto sulla formazione e siamo sempre riusciti a dare un servizio di altissimo livello, dall’accomodation alla ristorazione, fiore all’occhiello della struttura”. Per questo lavoratrici e lavoratori erano increduli. “La proprietà ci conosce tutti, uno a uno, perché ha gestito l’albergo fino al 2008. È stato un rapporto imprenditoriale ma anche una grande famiglia”.
Molti tra i dipendenti sono monoreddito e non più giovani ma, tiene a dire Antonia, “non vogliamo assistenzialismo, sarà necessario per un traghettamento, ma quello che vogliamo è lavorare, tornare a essere operativi e guadagnare il nostro stipendio come abbiamo fatto in tutti questi anni”. È un momento veramente difficile, ma è anche “il momento in cui dobbiamo lottare, essere forti, compatti e coerenti con la nostra richiesta, che è quella di continuare a lavorare” conclude la delegata. La nota arrivata ieri alla task force regionale dalla proprietà dell’albergo “è un’apertura importante, considerata la chiusura totale che c’era stata, che porta una speranza più concreta di garanzia occupazionale. Ma noi continuiamo a occupare, siamo tutti qui”.