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“Esprimiamo la netta contrarietà ai contenuti del ddl Calderoli, convinti che, in un Paese che soffre di un livello drammatico e crescente di disuguaglianze sociali e di divari territoriali, l’ultima cosa che serve è allargare ulteriormente questi squilibri”. Ad affermarlo il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari, in audizione sul disegno di legge sull'autonomia differenziata, presso la Commissione Affari costituzionali del Senato.
“Immaginare una competenza esclusiva delle Regioni su materie di straordinaria rilevanza nazionale e strategica comporterebbe - prosegue Ferrari - la rinuncia a un governo nazionale e unitario delle politiche economiche, industriali e di sviluppo. La nostra preoccupazione è che se, come richiesto da Lombardia e Veneto, anche le altre Regioni pretendessero il trasferimento in via esclusiva di tutte le ventitré materie, dell'unità nazionale rimarrebbe ben poco”.
“Da queste materie - sottolinea il dirigente sindacale - andrebbe innanzitutto esclusa l’istruzione. Ci opponiamo fermamente a qualsiasi forma di regionalizzazione della scuola, che infliggerebbe un colpo mortale alla stessa identità culturale del Paese. Così come riteniamo insuscettibili di qualsiasi differenziazione i diritti alla salute e al lavoro, a partire dall’unitarietà della contrattazione collettiva nazionale”.
Per il segretario confederale “in un tornante storico drammatico, tra pandemia appena conclusa, crisi geopolitica ed energetica, emergenza climatica, in cui nemmeno la dimensione nazionale è sufficiente e servirebbe rilanciare politiche energetiche e industriali europee sul modello ‘Next Generation Eu’, è impensabile decentrare e frammentare politiche energetiche, infrastrutture nazionali, porti e aeroporti, reti di comunicazione, ambiente, trasporti”.
“Inoltre - aggiunge - sottolineiamo il ruolo marginale che viene attribuito al Parlamento: sia per la definizione delle intese con le singole Regioni sia per la determinazione dei Lep. Per i Livelli essenziali delle prestazioni, nel provvedimento si fa esplicito riferimento allo status quo e alla spesa storica. In questo modo - precisa - non si individua l’insieme degli interventi necessari a garantire, in maniera omogenea e uniforme, i diritti sulla base dei bisogni e a prescindere dalla capacità fiscale di un territorio, ma si determinerà una cristallizzazione, se non un incremento, dei divari e delle disuguaglianze in essere”.
“Da ultimo, a un presunto centralismo statale si oppone un neocentralismo regionale che marginalizza la vera e più autentica dimensione della prossimità amministrativa rappresentata dagli enti locali. L’obiettivo politico della maggioranza di governo di arrivare all’attuazione dell’autonomia differenziata, e al contempo di superare la forma di governo parlamentare in favore dell'elezione diretta del presidente del Consiglio, disegna un modello che peggiora la condizione materiale delle persone, a partire dal riconoscimento dei loro diritti, e promuove una logica individualistica, competitiva e antistorica, fondata su ‘piccole patrie’ e uomini o donne sole al comando, della Regione e dello Stato, che - conclude Ferrari - non può che trovare la ferma critica e opposizione della Cgil”.