Non c’è più da stupirsi, purtroppo. Anche con il decreto carceri il governo non si smentisce e con il ministro della Pubblica amministrazione, Zangrillo, si salta a piè pari la contrattazione integrativa, mentre per il rinnovo del contratto si prevedono aumenti irrisori. Non contenti si decide un aumento di salario a tempo determinato per un terzo del personale. Quale sia la ragione di questa selezione, chi la compie e con quali criteri è un bel mistero. Ma assolutamente coerente con la visione autoreferenziale, verticistica e proprietaria dello Stato che Meloni e i suoi ministri – donne e uomini – non perdono occasione per affermare.

L’orrore dei suicidi

Non risolve i problemi per i quali sarebbe stato necessario, cioè affrontare l’emergenza che nei primi sette mesi dell’anno ha fatto registrare 66 suicidi tra i detenuti e sette tra gli operatori e le operatrici di polizia penitenziaria. L’ultimo il 2 agosto a Palermo: un appartenente al corpo di polizia penitenziaria in servizio all’Ucciardone si è sparato nei pressi del muro di cinta del carcere.

Gli istituti penitenziari sono sovraffollati, costringendo a un’esistenza non dignitosa i detenuti. Gli organici sono sottodimensionati, costringendo il personale a turni massacranti e a condizioni di lavoro non dignitose. Nulla, davvero nulla per affrontare tutto ciò. Arriva invece una elargizione discrezionale di 200 euro, ma solo per alcuni.

Il dl non è quel che serve, non è quel che al tavolo del rinnovo del contratto hanno chiesto le organizzazioni sindacali. È l’ennesimo provvedimento che introduce fratture e divisioni, addirittura questa volta tra lavoratori e lavoratrici dello stesso settore. Afferma, infatti, Florindo Oliverio, segretario nazionale della Funzione Pubblica Cgil: “Il decreto carceri coglie l’occasione, ancora una volta, per affermare una visione proprietaria degli apparati dello Stato: elargisce fino a 200 euro al mese per 13 mensilità ad alcuni ‘eletti’ all’interno di una categoria ben più ampia di lavoratori di pari qualifica e dipendenza che pure svolgono lo stesso servizio”.

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Cosa prevede il provvedimento

Il decreto prevede una “Indennità di specificità organizzativa penitenziaria” in favore di funzionari, assistenti e operatori, dipendenti del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del ministero della Giustizia, in servizio presso gli istituti penitenziari, “al fine di riconoscere la specificità e assoluta peculiarità dell’attività svolta nell’ambito penitenziario e al fine di compensare i carichi e le responsabilità organizzative gestionali”.

Aumenti sì, ma per tutti e tutte

Perché solo a una parte dei lavoratori e delle lavoratrici? Come verranno selezionati? Non sarà che la cifra a disposizione è davvero esigua e per non renderla risibile distribuendola a tutti i dipendenti, si è fissato il numero dei beneficiari così da poter dire di elargire aumenti significativi? “Noi siamo sempre in favore, naturalmente, quando si aumentano le retribuzioni di tutti – sottolinea Oliverio – e non possiamo tacere che stavolta ci è mancato poco che, per giustificare la spesa di 10 milioni e mezzo di euro, non si indicassero i nomi e cognomi dei 3.400 destinatari sui 9.400 in organico del comparto funzioni centrali, che pure svolgono la propria attività nell’ambito penitenziario e con significativi carichi e responsabilità organizzative gestionali”.

Un lavoro delicato

Gestire chi è sottoposto a misure cautelari per l’esecuzione della pena, è complesso e delicato. Fa davvero poca differenza dove tale gestione avvenga. Ricorda il dirigente sindacale: “La funzione dell’esecuzione penale dentro o fuori le mura di un carcere è la stessa e, anzi, alla peculiarità di chi lavora in carcere fianco a fianco con i lavoratori del comparto sicurezza si sostituisce la complessità di dover gestire l’esecuzione delle pene in ambiente esterno senza il contenimento carcerario. Solo la visione di un uso proprietario del potere rende miopi di fronte a questa evidenza”.

Contrattazione o elargizione ?

L’idea che una democrazia moderna sia regolata e organizzata dal confronto tra corpi e poteri diversi, che l’equilibrio e il rispetto dei ruoli sia garanzia del buon funzionamento sfugge a chi oggi – pro tempore – siede a Palazzo Chigi e nei diversi ministeri. Contrattare organizzazione del lavoro, tutele e diritti, è previsto dalla Costituzione, così come l’associarsi in sindacato per essere più forti nel confronto con le controparti. E ruolo e funzione dei sindacati sono anch’essi scritti in Costituzione. Ma si sa: questa destra con la Carta del ‘48 ha un problema, tant’è che vuole stravolgerla. Anche in questo caso non si smentiscono. Aggiunge Oliverio: “Ancor più sprezzante delle regole appare il comportamento del ministro della Pa che svuota progressivamente la contrattazione integrativa del ministero della Giustizia elargendo cifre dal vago sapore clientelare mentre dichiara di non avere risorse per permettere un adeguato rinnovo del Ccnl delle funzioni centrali”.

Conclusione inevitabile

“Siamo troppo abituati al governo che smentisce sé stesso nelle vicende contrattuali di questa stagione e per questo continueremo a difendere la contrattazione integrativa per tutte e tutti e a tutelare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori ad avere un rinnovo del contratto dignitoso”, conclude il segretario nazionale della Fp Cgil.

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