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L'assalto alla Cgil, avvenuto il 9 ottobre del 2021 a Roma, da parte anche di alcuni militanti di estrema destra, rappresenta “un'aggressione rivolta ad uno dei luoghi tipici dell'aggregazione dei cittadini, in cui si forma la volontà di coloro che se ne sentono rappresentati e che concorrono con metodo democratico in maniera decisiva alla vita sociale ed economica della collettività statale”.
In altre parole, un assalto “ad uno dei luoghi paradigmatici di una democrazia”. A scriverlo i giudici della Corte d'Appello di Roma, nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso luglio hanno sostanzialmente confermato le condanne per undici persone, che hanno scelto il rito abbreviato. A loro erano contestati i reati di devastazione e resistenza.
Il testo delle motivazioni quindi prosegue: “Un'aggressione avente tali caratteristiche per forza di cose, per la stessa natura, offende l’ordine pubblico, allarma la collettività nel suo insieme e per tali ragioni lede un interesse primario, di rilievo costituzionale”.
L’intervento di Giuliano Castellino di Forza Nuova, per i giudici fu “una sorta di chiamata alle armi, la cui finalità è tuttavia ben chiara e non è quella di manifestare liberamente un legittimo dissenso, ma quella di costringere (se rivuole la sua sede) una forza sindacale di primario livello nazionale a mutare la propria politica sindacale”.