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Sciopero riuscito oggi (venerdì 4 settembre) all’ArcelorMittal di Taranto. A fermarsi per l’intera giornata di lavoro è il reparto Produzione lamiere, mentre lunedì 7 incroceranno le braccia i lavoratori del Laminatoio a freddo. A motivare lo stop, spiegano Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, è la riduzione del personale tecnologico decisa dalla multinazionale, scelta assunta malgrado “accordi pregressi, confermati successivamente anche dalla stessa ArcelorMittal durante la fase del subentro avvenuta con il day one”.
I sindacati (che sul tema hanno già interpellato Inps e Ispettorato del lavoro) accusano l’azienda di aver abolito il cosiddetto “rimpiazzo”, figura definita negli accordi di secondo livello, generando di fatto “un ricorso programmato allo straordinario”, pur in presenza di dipendenti in cassa integrazione per Covid. Francesco Brigati, segretario della Fiom Cgil tarantina e coordinatore delle Rsu, spiega che, in effetti, nei reparti dove quest’operazione è stata già portata avanti le ore di straordinario sono salite fino a 40/50 proprio mentre il personale usufruiva degli ammortizzatori sociali. Le sigle metalmeccaniche ritengono “inaccettabile l'atteggiamento della multinazionale che ormai da tempo ha come unico obiettivo il pareggio di bilancio che, oltretutto, è facilmente raggiungibile se si continua a tagliare sul personale, sulle manutenzioni ordinarie e straordinarie”.
A peggiorare la situazione è sopravvenuta la comunicazione, da parte di Arcelor Mittal, della fermata produttiva a tempo indeterminato (fino a quando non ci saranno nuovi ordini di lavoro), a partire da venerdì 11 settembre, proprio del reparto Produzione lamiere, ossia quello dove oggi si sciopera. Un annuncio che l'azienda ha fatto dopo le nuove contestazioni sindacali e che le tute blu di Cgil, Cisl e Uil interpretano come un “gesto di sfida”, arrivato - precisa ancora Brigati, -a poche ore dallo stop e mai menzionato durante gli incontri previsti dalle procedure di raffreddamento. Insomma l’interlocuzione non esiste, anzi per le tre sigle metalmeccaniche ArcelorMittal “prova a creare uno stato di confusione tra i lavoratori e a indebolire lo sciopero. Il governo, complice del clima di incertezza che vivono i lavoratori e la città, non fa nulla per impedire una situazione che rischia seriamente di diventare esplosiva”. È proprio il governo il grande assente – precisa Brigati - e continua a esserlo: “Nonostante tutta una serie di nostre denunce e rivendicazioni a oggi non abbiamo affatto chiaro dove vuole andare a parare e dov’è che vuole dirigere il futuro produttivo di questo territorio”.
Mercoledì 2 settembre, dopo un lungo periodo di silenzio, si è tenuto intanto a Roma un vertice tra l'amministratore delegato di ArcelorMittal Lucia Morselli e i segretari generali di Fiom, Fim e Uilm. Un incontro interlocutorio, che ha però consentito la ripresa del dialogo. “Vista la situazione delicata di questa fase l'azienda ci ha chiesto di ristabilire delle relazioni sindacali, anche se non sappiamo nulla del futuro, soprattutto non sappiamo se Arcelor Mittal ci sarà ancora in Italia dopo novembre”, ha commentato la leader dei metalmeccanici Cgil Francesca Re David: “C'è un tavolo aperto al ministero dello Sviluppo economico ormai da due anni, ma le relazioni sindacali non ci sono perché non ci sono gli incontri ai ministeri”. L'esponente sindacale ha rilevato che “negli stabilimenti c'è sicuramente caos, tanta gente è in cassa integrazione e c'è conflittualità”. Per Re David l’azienda “deve avere rapporti proficui con i territori, con le strutture sindacali e con i delegati. Rapporti che sono stati carenti in tutti questi mesi, come appunto dimostrano gli scioperi indetti in questi giorni”.