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Rinnovo dei contratti nazionali, aumenti salariali, politiche espansive per il Sud, oltre alla sempre più necessaria riforma fiscale e al reale superamento della legge Fornero. Le richieste di Cgil, Cisl e Uil a livello confederale s’incrociano con quelle di un settore, quello agroalimentare, che come altri ha deciso di scendere in piazza unitariamente. Per questo Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil stanno organizzando una manifestazione nazionale per sabato 11 maggio a Roma in piazza Bocca della Verità dalle ore 9.30 (sarà presente anche il numero uno della Cgil Maurizio Landini). A pochi giorni dalla mobilitazione, rassegna.it ha intervistato il segretario generale della Flai Giovanni Mininni. “Abbiamo davvero tante ragioni per protestare – spiega – a cominciare dal fatto che per i lavoratori agricoli quota 100 non ha affatto risolto il problema dei pensionamenti: nel nostro settore, infatti, a causa del lavoro spesso discontinuo, non è affatto facile maturare i contributi. Poi c’è la questione degli ammortizzatori sociali: i lavoratori dell'industria alimentare inquadrati dalla legge 240/84 sono fuori dalla Naspi perché ancora rientrano nella previdenza agricola. Noi chiediamo una modifica per ricomprenderli. Stiamo parlando di diverse migliaia di persone soprattutto del comparto avicolo e della macellazione.
Rassegna Tra le questioni centrali per la vostra categoria c’è il contratto dei forestali. Da quanto tempo è bloccato?
Mininni L’ultimo rinnovo risale al 2010. Ciò vuol dire che questi lavoratori, circa 65 mila a livello nazionale, sono senza copertura ormai dal 2012. C’è un tavolo convocato al ministero dell’Agricoltura per il prossimo 14 maggio, ma a quanto pare servirà soltanto per verificare la possibilità di riprendere il dialogo, non farà ripartire la trattativa. Vedremo cosa ci diranno. In ogni caso, per noi serve una nuova cornice nazionale. Tra l’altro, senza quel contratto, anche gli integrativi regionali vanno a rilento a causa dell’indisponibilità delle Regioni. Poi non dimentichiamo il sistema dell’allevamento per una platea di circa 3-4 mila persone, anch’esse in attesa del rinnovo.
Rassegna Gli altri grandi contratti sono quelli dell’industria alimentare e della cooperazione. Com’è la situazione su questo fronte?
Minnini Siamo alla vigilia dell’apertura delle trattative e la manifestazione dell’11 maggio servirà anche a dare una scossa. Ricordo che stiamo parlando del secondo comparto manifatturiero del nostro Paese – dopo i metalmeccanici – sia per numero di addetti sia per valore economico della produzione. Noi restiamo in linea con la nostra tradizione che punta a valorizzare le eccellenze italiane, ma ci prepariamo a un rinnovo che non sarà facile da conquistare. Soffiano venti preoccupanti: se dalle controparti arriveranno richieste di ulteriori deroghe e flessibilità, le respingeremo al mittente. In più, in questa mobilitazione vogliamo anche ricordare quanto sia fondamentale la tutela dei marchi storici. Prendiamo il caso Pernigotti: è il classico esempio di shopping da parte di una multinazionale straniera che poi vuole chiudere i nostri stabilimenti. Su questo la politica deve fare di più, serve una legge vera a tutela dei marchi storici, non la passerella che ha fatto Di Maio in quello stabilimento.
Rassegna Poi c’è la storica battaglia contro il caporalato. Scenderete in piazza anche per questo?
Mininni Certo. Noi continuiamo a chiedere la completa applicazione della legge 199 del 2016 contro lo sfruttamento e il caporalato. Anche se vanno ancora intensificati i controlli, devo dire che la parte ‘penale’ sta funzionando, come dimostrano le centinaia di arresti in questi mesi. Ciò che non è mai partito, invece, è il discorso sulla prevenzione. Mi riferisco in particolare a tre punti cruciali previsti da quella legge: accoglienza dei migranti, trasporto, incontro tra domanda e offerta. Tre questioni che potrebbero far emergere una grande fetta di economia illegale. Anche su questo chiediamo al governo di passare dalle parole ai fatti. Ben vengano i tavoli aperti – ce ne sono sei tematici e uno nazionale –, ma ormai i tempi sono maturi per vedere risultati concreti. In pratica, quello che chiediamo è di istituire le sezioni territoriali per il lavoro agricolo di qualità. Secondo la legge 199 dovrebbero essere create in tutti i territori, ma oggi purtroppo ne esistono solo tre o quattro, che peraltro neanche funzionano bene. E così ci troviamo ancora ad assistere a tragedie come quella di Borgo Mezzanone, nel Foggiano, dove un giovane migrante è morto a causa di un incendio.
Rassegna Un’ultima domanda sul settore della pesca. Non se ne parla molto, eppure c’è una questione sulla salute e sicurezza tutta da risolvere. È così?
Mininni È vero, è un settore troppo spesso dimenticato ed è l’unico in cui non ha ancora trovato applicazione il Testo unico, perché i decreti attuativi non sono mai stati fatti. La conseguenza assurda è che vige ancora una vecchia legge degli anni 90, con le conseguenze che potete immaginare. Un’ultima sottolineatura la vorrei fare per il settore della macellazione delle carni: anche qui, come sappiamo, regnano ancora caporalato e sfruttamento nelle cooperative spurie e false, soprattutto in Emilia Romagna e in altre zone dove il sistema della cooperazione è forte. È una battaglia che abbiamo iniziato anni fa e sulla quale non intendiamo arretrare. Sabato 11 maggio saremo in piazza anche per loro.