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Lavorano nel campo dei servizi socio-assistenziali, socio-sanitari ed educativi, ovvero degli asili nido. Da anni sono uno spezzone in crescita del Terzo Settore e occupano oltre 400 mila lavoratrici e lavoratori, con un fatturato che ormai rasenta i 30 miliardi di euro. Sono le cooperative sociali di tipo A che sono cresciute in questi ultimi anni per via soprattutto dei processi di esternalizzazione dei servizi sociali, sanitari e spesso anche educativi messi in atto dagli enti pubblici a tutti i livelli. Se di tutte le cooperative quelle impegnate direttamente nella produzione rappresentano circa il 50 per cento del totale, le coop sociali hanno ormai superato il 30 per cento. Su di loro, in questi giorni, si abbatte la scure dell’epidemia coronavirus. Migliaia di posti sono a rischio a causa del blocco delle attività.
Emilia Romagna, tutto chiuso? “Solo nella nostra regione, l’Emilia Romagna – dice Alberto Alberani, vicepresidente Legacoop sociali e responsabile dell’area Welfare della Legacoop di Bologna - abbiamo censito 6000 lavoratori delle cooperative costretti a stare a casa. Di questi almeno 3000 operano nel campo degli asili nido. La situazione è davvero problematica. Registriamo un danno di circa 5 milioni a settimana. E’ un problema molto grave che deve essere affrontato subito con gli strumenti necessari”. Il governo e la Regione hanno annunciato provvedimenti specifici a partire dall’applicazione della cassa integrazione in deroga e il fondo Fis. “Ma sono solo le prime reazioni ad un problema che dovrà essere affrontato in tutta la sua complessità. Se l’emergenza perdura la situazione per noi può diventare molto problematica perché un conto sono due settimane di blocco, altra cosa il prolungamento ulteriore della fase di emergenza”.
Quando parliamo di danni da 5 milioni di euro a settimana ci riferiamo in particolare – spiega ancora Alberani – al costo degli operatori che non lavorano ma devono essere comunque retribuiti dalle loro cooperative. E noi pensiamo sia giusto e doveroso retribuirli perché crediamo nell’applicazione piena dei contratti di lavoro. Il problema però è che – per le normative in essere – noi non possiamo fatturare. Se stiamo chiusi 15 giorni su 30 è ovvio che non potremo fatturarne 30. Anche se i Comuni hanno già messo da parte quello che avrebbero dovuto spendere nel sociale. Ma sono soldi che rimangono nelle casse dei Comuni, mentre noi dobbiamo anticipare comunque i soldi per le retribuzioni dei lavoratori. Per questo la Lega delle cooperative chiede una deroga alla Corte dei Conti per poter far fronte all’emergenza. “Noi chiediamo di poter fatturare nonostante il blocco”. Altrimenti la crisi sarebbe inevitabile per le cooperative, mentre i Comuni potrebbero godere di una sorta di “plusvalenza da coronavirus” (come la chiama Alberani). E comunque senza uno sblocco di questa situazione visto che la Corte dei conti parla di “danno erariale” sarebbe inevitabile per le cooperative rivolgersi all’intervento pubblico degli ammortizzatori sociali, un controsenso per Alberani che conferma l’ottima sinergia con i sindacati e in particolare con la Cgil.
E infatti i sindacati si stanno muovendo per tutti i settori produttivi e del terziario ed è appena stato siglato un accordo in Regione, tra tutti i firmatari del Patto per il lavoro, per garantire la cassa integrazione in deroga per far fronte all’emergenza Coronavirus. L’intesa introduce la cassa integrazione in deroga per tutti i lavoratori dipendenti che non possono accedere agli ammortizzatori ordinari e vale per tutte le imprese manifatturiere e di servizi. La copertura prevista è al momento di un mese ed è retroattiva a partire dal 23 febbraio. Possono accedervi anche tutte le imprese che hanno già esaurito la copertura massima degli strumenti ordinari (Cigo, Fis e fondi di solidarietà bilaterali) prevista dalla legge. Si tratta ora di verificarne le applicazioni anche nel settore cooperativo.
Lombardia, effetti a catena dai primi focolai. “Nella cooperazione sociale – spiega Marta Battioni, del Dipartimento Welfare di Legacoop sociali della Lombardia - l’ambito più colpito è quello dell’assistenza scolastica, per numeri quello più diffuso e capillare come servizio e ahimè per ordinanza, quello sospeso sin dal primo giorno. Così come i servizi all’infanzia, in particolare gli asili nido, anche questi chiusi dal 24 febbraio.
Anche in Lombardia si comincia a parlare di servizi sociali a rischio visto che sono le cooperative a garantire gli interventi per le fasce più deboli della popolazione. “Di certo in queste due settimane sono stati sospesi servizi importanti e l’allarmismo non aiuta neppure il funzionamento di quelli rimasti aperti, in particolari i centri per disabili. La conseguenza è di certo anche un’emergenza sociale, dove chi è più fragile è messo a dura prova. Ma si è fatto un calcolo di quanti potrebbero essere i posti di lavoro a rischio in termini di contratti che salterebbero? “Ad oggi – risponde Battioni - stiamo monitorando la situazione in termini di perdita economica. L’impatto sarà davvero importante. Stiamo lavorando con Regione e Governo per costruire insieme dei sostegni economici per queste imprese. Il rischio è che crolli un intero impianto sociale su cui hanno potuto contare comuni e famiglie fino ad ora. Si tratta di affrontare l’emergenza con tutti gli strumenti possibili. “Stiamo supportando le cooperative per le misure ad oggi disponibili, come il Fondo di Integrazione Salariale e siamo in attesa di sviluppi che dovrebbero arrivare a ore”, conclude la dirigente della Legacoop sociali lombarda.
Anche in Toscana il virus della crisi fa paura. “In questo momento - dice Marco Paolicchi, - sono le cooperative sociali le più colpite, soprattutto perché gestiscono in Toscana l'80 per cento dei servizi all'infanzia e scolastici, privati ed esternalizzati dalle amministrazioni. Si teme a breve che queste misure non solo siano prorogate, ma anche estese ad altre tipologie di servizi dove le nostre cooperative particolarmente impegnate: centri diurni per anziani e disabili, centri di aggregazione sociale”. Sempre secondo Paolicchi, tutto il settore è “sicuramente a rischio”.
“Attendiamo fiduciosi il decreto legge per le misure straordinarie per gli ammortizzatori sociali, ma rischiano di essere una goccia nel mare del problema. Le criticità nel settore regionale c'erano però già prima, per il mancato riconoscimento degli adeguamenti delle tariffe da parte della Regione in base al rinnovo del Contratto nazionale di lavoro delle cooperative sociali, siglato nel 2019, e per varie criticità nel sistema degli appalti che noi più volte abbiamo sottolineato. Quanti posti a rischio ci sono in Toscana? Tra Legacoop e Confcooperative e Agci, complessivamente si contano oltre 30.000 addetti, di questi almeno la metà impegnati sui servizi. Ovviamente il rischio con coinvolge tutti i 30 mila, ma il bacino di crisi toscano comincia ad essere preoccupante come quello delle altre Regioni”.