Sciopero nazionale di quattro ore mercoledì 3 aprile degli addetti della Air Liquide Italia, azienda che produce bombole di gas per l’industria, per protestare contro il piano industriale presentato il 22 marzo a Roma. Il piano prevede a livello europeo 85 esuberi nell’area amministrativa (attività di “finance”), di cui 33 in Italia, e la delocalizzazione dei posti di lavoro in Portogallo a fronte di un minor costo del lavoro. Lo sciopero è stato indetto dai sindacati di categoria Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltucs Uil. Lo sciopero si svolge a sostegno dell’incontro previsto lo stesso giorno a Parigi tra il Coordinamento sindacale europeo (Cae) e l’azienda per discutere del progetto della multinazionale. A Modena, ad esempio, si terrà un presidio davanti ai cancelli dell’azienda (in via Nicolò Biondo).

"I lavoratori – spiega una nota sindacale – sono preoccupati rispetto ai piani industriali proposti negli ultimi anni che hanno sempre previsto riduzioni di personale e/o chiusure di unità produttive sul territorio nazionale ed europeo. Inoltre, si fanno sempre più insistenti le voci di possibili esternalizzazioni di servizi, come la consegna e il riempimento delle bombole da parte di aziende ‘consociate’. Ove ciò è accaduto il sindacato non è stato informato e i lavoratori, passando a un’altra società, si sono visti applicati contratti nazionali diversi con retribuzioni inferiori e meno diritti”. 

Il Coordinamento sindacale europeo (Cae) delle Rsu, Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil hanno risposto negativamente al piano industriale “come un’ulteriore scelta a danno dei lavoratori da parte di una multinazionale che gode di buoni risultati economici, di fatturato e profitti, che vuol crescere ancora delocalizzando in un Paese con bassi costi del lavoro, massimizzando i profitti a favore esclusivo degli azionisti, provocando un impoverimento dei lavoratori con licenziamenti e l’aumento della disoccupazione nei paesi interessati dagli esuberi”. I sindacati, al fine di “evitare un dumping sociale tra Paesi europei, chiedono di ritirare i licenziamenti e, eventualmente in un’ottica di redistribuzione del lavoro, di riqualificare questi lavoratori. L’Italia non può essere solamente un mercato cui attingere per avere solo lauti guadagni per gli azionisti”.