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Tra i tanti obiettivi del Pnrr che sono a rischio ce n'è uno, che è fondamentale per il mondo del lavoro e per la cura dell'infanzia, di cui si parla ancora troppo poco: gli asili nido. L'allarme è scattato, perché nella platea dei nuovi 264.480 posti previsti entro fine 2025, come indicato dal piano, ben 100.000 posti sono a rischio. L'Unione europea ha infatti negato i fondi per l'ampliamento delle strutture esistenti. Fondi che, specifica la Ue, sono destinati alla creazione di nuovi asili e non all'ampliamento di quelli già presenti.
Il governo modifica gli obiettivi
Nel frattempo, però, il governo ha annunciato la modifica degli obiettivi intermedi della quarta rata del Pnrr. Uno di questi riguarda proprio gli asili nido. In estrema sintesi, la variazione non toglie finanziamenti ma chiede più tempo per emanare altri bandi. Nello specifico, la selezione dei progetti doveva concludersi a marzo 2022, ma i bandi sono stati riaperti più volte e la graduatoria definitiva è stata approvata a ottobre. I Comuni, soggetti attuatori, hanno avviato le progettazioni. Poi sono intervenuti gli aumenti dei costi delle materie prime per la guerra. L’incremento ha inciso sulle progettazioni, comportando la necessità per i soggetti attuatori di rivedere i numeri dei nuovi posti aggiuntivi creati. Ciò ha rallentando le procedure di affidamento. La modifica introdotta quindi, sostiene sempre il governo, non definanzia nessun intervento ma impegna l'esecutivo a emanare un nuovo bando di selezione degli interventi.
Cgil: situazione preoccupante
In ogni caso, sul tema degli asili nido nei giorni scorsi era intervenuta la Cgil nazionale, parlando chiaramente di rischio fallimento. "Nonostante i tentativi di rassicurazione del governo, l’incertezza sul raggiungimento degli obiettivi del Pnrr relativi alla creazione, entro il 2027, di 228.000 posti negli asili nido appare purtroppo fondata e si tratterebbe di una débâcle di proporzioni preoccupanti per il nostro Paese. I proclami dell’esecutivo sono ben noti, ma la realtà dei fatti è un’altra”. Così la segretaria confederale Daniela Barbaresi, che ha aggiunto: “È già saltata la scadenza del 30 giugno per la quarta richiesta di pagamento (pari a 16 miliardi). Entro tale data si sarebbe dovuta realizzare l’aggiudicazione degli appalti, e il governo, al di là dei proclami ottimistici, ha chiesto ulteriori quattro mesi per la presentazione di una nuova versione del piano”.
Il problema della gestione
La questione asili nido resta aperta, dunque, ed estremamente delicata. Abbiamo fatto il punto con Alessandro Purificato, funzionario della Fp Cgil nell'area Funzioni locali. "Sugli asili nido italiani - esordisce - la fonte più attendibile è l'Istat: nel report 2019 avevamo una copertura del 26% dei bambini tra zero e due anni. L'obiettivo stabilito dal Consiglio europeo di Lisbona era del 33%. Ci sono poi le differenze territoriali: alcuni Regioni hanno una copertura molto superiore all'obiettivo, come Valle d'Aosta ed Emilia-Romagna, mentre altre come Calabria e Campania si fermano al 12%. Da parte sua, il Pnrr dedica risorse soprattutto al Centro-Sud. Qui i Comuni hanno molte carenze sui reparti tecnici, è stato quindi proposto l'ampliamento delle strutture esistenti che però la Ue ha negato".
I punti critici che riguardano gli asili nido sono vari. "Il problema non è l'infrastruttura in sé, ma la gestione della stessa - spiega Purificato -: abbiamo già assistito a fondi europei che hanno finanziato asili, poi quando è cessato il supporto al Centro-Sud i Comuni da soli non ce l'hanno fatta. Bisogna considerare che molti di loro sono stati colpiti dal crollo del pubblico impiego: chiedere agli enti che sono in fase calante di personale di fare un ulteriore sforzo è obiettivamente complicato, se non fornisci un supporto strutturale". Il Piano di ripresa e resilienza "ha messo risorse sulle infrastrutture, ma sta centellinando risorse per la gestione. Oggi ci sono alcune centinaia di milioni, ma non è chiaro quale impatto abbiano avuto. Noi abbiamo chiesto di assumere direttamente lavoratori laddove c'è una gestione diretta del servizio".
Il nodo del personale
La conseguenza di questa "debolezza" gestionale è che molti Comuni si sono mossi da soli. "Le risorse possono diventare importanti, ma rischiano di finire in appalti, subappalti e concessioni", prosegue Purificato. E poi c'è il grande nodo del personale: "Per garantire oltre 260.000 posti negli asili nido avremmo bisogno di un rapporto uno a sette, massimo otto bambini, insomma servono 17.000 educatori. Nessuno si è posto il problema, neanche il ministero dell'Istruzione, non sappiamo nemmeno se questi 17.000 esistono davvero. Tutti elementi che sono rimasti in un'indeterminatezza sconfortante". Serve una svolta al più presto, conclude il sindacalista, perché fallire l'obiettivo "sarebbe un dramma per tutti".