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La società Oath Italy Srl, nome che ai più non dirà molto ma che in realtà rappresenta in Italia il ben più conosciuto brand Yahoo, ovvero uno dei più storici portali di ricerca web conosciuto anche per i suoi servizi mail. L’azienda ha già avviato la procedura che annuncia 19 esuberi su 21 dipendenti. Il taglio dovrebbe riguardare i lavoratori delle sedi di Milano e Roma.
Era nota l’intenzione di un taglio del 20% delle lavoratrici e dei lavoratori a livello globale, percentuale che si traduce però per il nostro Paese nella quasi totalità delle dipendenti e dei dipendenti della società. L’ennesima procedura di licenziamento collettivo in un settore, quello “dell’economia digitale”, che vede un susseguirsi di presunte crisi utili in realtà a dar risposte agli investitori, oltre a dimostrare una sorta di “bolla” del comparto.
L’agenzia Reuters racconta che in realtà l’intenzione della società di investimenti Apollo Global Management, che ha acquisito Yahoo nel 2021 per cinque miliardi di dollari, è quella di investire sulla piattaforma demand side (Dsp). Per fare questo e ottenere ancora più profitti per gli azionisti bisogna tagliare settori ritenuti non più strategici lasciando a casa mille dipendenti in tutto il mondo, tra cui 19 italiani.
Le sigle sindacali Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, hanno avuto il 1° marzo un incontro con l’azienda, Roberto Brambilla, funzionario della Filcams Cgil ci spiega la situazione: “In America la notizia di licenziamento è di fatto una comunicazione che i lavoratori devono accettare, per fortuna in Europa e in Italia c’è un sistema differente che si chiama contrattazione. L’obbligo di consultazione e confronto con le associazioni sindacali è previsto per legge, quindi non riusciamo a capire lo stupore e impreparazione delle risorse umane dell’azienda quando ci siamo opposti ai licenziamenti”.
Prosegue Brambilla: “Dalle informazioni che siamo riusciti a recuperare Yahoo ha esternalizzato una parte del suo business ad altre società, tra queste c’è Taboola, ma c’è da capire se queste sono cessioni di ramo d’azienda che comportano per legge anche il passaggio dei lavoratori ai nuovi acquirenti. Non vorremmo che la cessione dei servizi e attività, poco prima di dichiarare lo stato di crisi, sia solo un mero trucchetto per sbarazzarsi dei lavoratori senza troppe difficoltà”.
Come sono rimasti Yahoo e i sindacati? “Si è fissata una nuova data d’incontro per l’8 marzo nella consapevolezza della necessità di compiere passi avanti, nel tentativo di ridurre al minimo l’impatto sociale e le ricadute sulle lavoratrici e lavoratori coinvolti”.
Nel frattempo nella mattina del 2 marzo si è svolta l’assemblea unitaria con tutti i lavoratori colpiti dal licenziamento: “L’incontro con i lavoratori è andato bene, sono tutte professionalità di alto profilo e si aspettavano il licenziamento collettivo, perché negli anni hanno visto sempre più uffici ceduti ad altre aziende. Con la crisi del settore digitale, lo ricordiamo dovuta a questioni di borsa e scelte dei manager non per mancanza di utili, la paura più grande per questi lavoratori e loro famiglie è di non riuscire nel breve tempo a trovare una ricollocazione”.