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“Mi domando se chi ha deciso questa regola sia stato negli ultimi tempi dentro una mensa aziendale. Beh, dovrebbe andarci. Il governo dice di volerle regolare al pari delle attività di ristorazione. Ma le mense aziendali hanno i turni, il plexiglass, la sanificazione periodica. Non sono un ristorante, ma un servizio per chi lavora. Se il governo pensa che il vaccino debba essere obbligatorio, lo dica e approvi una legge. Abbiano il coraggio di farlo. Non si può pensare di raggiungere il medesimo obiettivo in maniera surrettizia, a danno di chi lavora. È una forzatura controproducente rispetto all'obiettivo di realizzare la vaccinazione per tutti”. Così il segretario generale della Cgil Maurizio Landini in un passaggio della sua lunga intervista di oggi (9 agosto) a Repubblica tocca il tema delle mense aziendali, che sono tra i luoghi di lavoro in cui adesso è obbligatorio il Green pass.
Vi rientrano, stando alla lettura che il ministero della Salute dà dell'articolo 3 comma 1 del decreto 105 del 23 luglio, in quanto risulterebbero tra i “servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per il consumo al tavolo, al chiuso” tenuti, in base alla norma, all'accesso contingentato. "L'interpretazione è però forzata perché le mense aziendali – dove lavorano 20 mila persone, per lo più donne – sono ristorazione collettiva e non pubblici esercizi”, spiegava ieri sempre su Repubblica Cinzia Bernardini, segretaria nazionale della Filcams Cgil: “Se passa questa interpretazione della norma, di fatto si introduce un controllo sanitario dei lavoratori. Inaccettabile. E poi chi dovrebbe fare il controllo del Pass? Le lavoratrici delle mense che dipendono da aziende esterne? Follia”.
“Sia chiaro – chiarisce ad ogni modo Landini –, il sindacato sta invitando tutti i lavoratori a vaccinarsi e non abbiamo nulla di principio contro il Green Pass, ma in nome di ciò non è accettabile introdurre una logica punitiva e sanzionatoria nei confronti di chi lavora”.