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Era il 2 febbraio quando Douglas Italia ha annunciato la chiusura di 17 negozi entro il 31 marzo. Purtroppo si trattava solo di un assaggio di quello che l’azienda ha realmente in programma di fare, in Italia e nel resto d’Europa. I sindacati hanno incontrato la direzione qualche giorno dopo e scoperto che entro giugno 2022 a chiudere i battenti dovrebbero essere 128 punti vendita. A perdere il lavoro più di 400 persone.
Un piano di ristrutturazione che la multinazionale di proprietà tedesca intende mettere in atto in tutta Europa, con la chiusura complessiva di 500 negozi dei 2.400 presenti sul territorio. La massiccia riorganizzazione è arrivata solo qualche anno dopo un’intensa stagione di acquisizioni ed espansione della rete italiana delle profumerie, che ha visto l’assorbimento di due competitor come Limoni e La Gardenia: un incremento che sfiorava il monopolio del settore, tanto che l’azienda era stata ispezionata dall’antitrust. Erano stati annunciati piani commerciali di ampio respiro ed erano state fornite rassicurazioni in merito alla salvaguardia occupazionale e del perimetro aziendale che appaiono oggi dimenticate.
Un'accelerazione in espansione, poi un drastico passo indietro, senza alcun accenno a un piano industriale, che le organizzazioni sindacali stanno chiedendo di conoscere a livello europeo, dove sono in tutto 2.500 i lavoratori interessati dai tagli. I sindacati hanno aperto immediatamente la cassa integrazione per Covid, a febbraio, con integrazione al 100% a carico dell’azienda, per sfruttare il tempo utile prima del termine del divieto di licenziamento, che si prospetta ormai per la fine di giugno.
“Abbiamo chiesto ripetutamente un incontro al Mise, senza avere risposta – racconta Vanessa Caccerini, Filcams nazionale – e sollecitato un piano commerciale da parte dell’azienda, visto che per il momento Douglas parla soltanto di chiusure senza metterci a conoscenza del futuro dell’intera rete strutturale e occupazionale. Inoltre, sappiamo che nell’anno di pandemia sono state sviluppate molto le vendite online e che i negozi non sono stati più riforniti come prima”.
Le chiusure annunciate sono state motivate dal calo del fatturato dovuto all’emergenza sanitaria, e questo nonostante l’azienda sia stata in grado di contenere l’impatto della riduzione dell’attività attraverso le vendite digitali. Ad oggi Douglas Italia ha fornito ai sindacati solo un elenco parziale dei negozi oggetto della riorganizzazione, vale a dire 99 dei 128 annunciati: numeri dai quali si ricava il potenziale esubero di 346 lavoratori, ai quali si andrebbero ad aggiungere quelli impiegati nei restanti 29 negozi. Nel corso del prossimo incontro, previsto per il 19 marzo, a cui dovrebbero partecipare per la prima volta i vertici dell’azienda, si cercherà di fare chiarezza anche su questo e di mettere insieme tutte le informazioni mancanti.
La forza lavoro di Douglas è composta prevalentemente da donne, molte giovani con figli. Lo hanno ricordato Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs nell’ultima lettera inviata al ministero dello Sviluppo economico per chiedere l’apertura di un tavolo: i tagli vanno così a colpire, ancora una volta, una delle fasce più fragili e provate dalla crisi innescata dalla pandemia nel mondo del lavoro.