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In vista dell'apertura di un confronto tra il governo e i sindacati sulla regolamentazione dello smart working abbiamo rivolto una serie di domande alla segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti, che ha la delega alle politiche della contrattazione.
Segretaria, il 49% dei lavoratori e delle lavoratrici intervistati per il sondaggio dell'Osservatorio Futura non aveva mai fatto esperienze di lavoro agile prima della pandemia. Buona parte lo ha sperimentato con l’emergenza. Che cosa comporta questo dato?
Questo dato va letto alla luce di due aspetti. Il primo riguarda certamente il fatto che l’utilizzo del lavoro agile pre-pandemia è stato sporadico e molto limitato ad alcune esperienze specifiche in determinati settori. Va poi ricordato che quasi tutti gli accordi sul lavoro agile pre-Covid proponevano un modello in cui il lavoro svolto da remoto si limitava a poche giornate mensili. Un modello che spesso rispondeva a ragioni di conciliazione vita lavoro e alla sperimentazione di un modello organizzativo volto a facilitare un equilibrio fra conciliazione e ricerca di maggiore produttività. Il secondo invece si riferisce alla esperienza del lavoro agile nella pandemia, un modello di fatto determinato da esigenze sanitarie che poco ha avuto a che fare con gli obiettivi e con il cambio di modello organizzativo che fondano le norme sul lavoro agile. Quello che è stato fatto è "home working" più che smart working, tuttavia l’accelerazione e i cambi potenzialmente strutturali impressi da questa esperienza impongono una riflessione urgente e la necessità di recuperare un ruolo contrattuale nel governo dell’istituto.
Ci sono molte differenti valutazioni tra chi lo pratica. Il lavoro agile rischia di dividere ulteriormente le forze di lavoro o potrebbe essere un elemento unificante?
Questa è una fase in cui il possibile, ulteriore allargamento delle divaricazioni fra le condizioni dei lavoratori è tema centrale e da affrontare. Lo smart working è in sé uno strumento potenzialmente neutro che può però essere vissuto in maniera molto differente a seconda dei settori e delle condizioni individuali di chi lo deve praticare. Ci sono lavori che devono essere svolti in presenza, ma anche fra chi lavora a distanza il lavoro può essere differente, da chi ha semplicemente spostato a casa l’ufficio a chi invece ne ha massimizzato i benefici in termini di lavoro svolto con maggiore autonomia e responsabilità. Ci sono poi esperienze in cui il lavoro agile è vissuto come esperienza estremamente negativa. Molte donne nei mesi di marzo e aprile hanno lavorato da casa di più e in condizioni peggiori, perché si sono dovute accollare per intero l’accudimento di anziani e dei figli con cui hanno condiviso spazi e spesso anche strumenti. In questo caso il ricorso al lavoro da remoto non ha fatto altro che evidenziare problemi mai, risolti quali la mancata condivisione del lavoro di cura e a un mercato del lavoro storicamente ostile alle lavoratrici. Ad oggi non è una scelta, ma una costrizione e non è in molti casi un lavoro che, come dovrebbe essere nelle esperienze migliori, alterna lavoro in presenza e lavoro da remoto. Rimangono comunque problemi e questioni relative alla condizione dei lavoratori che accomunano persone in lavoro agile e lavoro in presenza.
Il 60% degli intervistati per il sondaggio giudica lo smart working una modalità di lavoro utile, anche se i giudizi positivi sono calati con la ripresa delle attività dopo l’estate. Come si può leggere questo dato? Esprime un bisogno di cambiamento nelle modalità di lavoro? E che possiamo dire su quello che sta diventando un nuovo attacco ai lavoratori con il luogo comune dei “furbetti” del lavoro agile?
La retorica dei furbetti non è retorica che può appartenere alla discussione sindacale. Francamente è inaccettabile quando viene continuamente proposta alla attenzione pubblica. Il lavoratore ha dato una grande prova di capacità di adattamento ad una condizione mutata all’improvviso. Lo ha fatto nella stragrande maggioranza dei casa accollandosi i costi di organizzazione, con una strumentazione propria, auto-organizzando il lavoro. È una modalità in cui si vedono facilmente i benefici, a partire dalla riduzione dei tempi di spostamento e di maggiore tutela della propria salute in questa fase, oltre i temi della conciliazione e al nodo molto attuale della sostenibilità ambientale. Nell’ampliamento dell’utilizzo del lavoro agile che si prefigura come scelta strutturale di ampi settori produttivi e del settore pubblico, il compito che si propone al sindacato è quello di accompagnare la trasformazione del lavoro con le tutele.
I giudizi sugli aspetti positivi e su quelli negativi del lavoro agile continuano a divergere. Sarà possibile trovare un equilibrio tra le varie tendenze o al contrario ci dobbiamo aspettare nuovi conflitti inediti?
La strada del rafforzamento dell'azione contrattuale è quella da percorrere, per capire come minimizzare gli aspetti negativi che vengono giustamente illustrati. Va in primo luogo recuperato l’accordo individuale e un principio di non unilateralità datoriale, rispetto alla definizione dell’organizzazione del lavoro agile. Vanno poi affrontati temi come la formazione, il rispetto della salute e della sicurezza, il diritto alla disconnessione, la rotazione strumentale e tutti gli aspetti connessi alla disciplina contrattuale. A questo aggiungerei il fatto che di fronte a cambiamenti così repentini è inevitabile che si generino fratture e conflitti. Poco si considera infatti l’effetto che lo smart working, specie se proposto nelle forme che tendono a “remotizzare” un’ampia parte del tempo lavorativo, ha nella trasformazione dei servizi delle aziende (riduzione mense, pulizie, effetti sulle città, sui quartieri, riduzione spazi lavorativi) e anche nella possibile crescita di produttività che non automaticamente viene redistribuita ai lavoratori.
Un elemento unificante tra le risposte al sondaggio riguarda sicuramente la regolamentazione delle nuove modalità di lavoro a distanza. Otto lavoratori su dieci mettono in risalto la necessità di regolare lo smart working attraverso i contratti nazionali. A che punto siamo con la contrattazione anche alla luce del nuovo regolamento per il pubblico impiego? Nei settori privati la regolamentazione dovrà passare per i contratti nazionali esclusivamente o anche per la contrattazione decentrata? E come si lega questa esigenza alla battaglia del sindacato per la riduzione dell’orario di lavoro?
Il lavoro agile nella pandemia è stato per mesi la modalità ordinaria di effettuazione della prestazione, sia nel pubblico che nel privato; è saltato, in ragione dello stato di emergenza , il principale diritto garantito dalla legislazione sul lavoro agile, l’accordo individuale. La contrattazione collettiva è tema da conquistare, perché attualmente non è riconosciuta come obbligo dalla norma istitutiva il dl 81/2017. È invece necessario riportare una regolamentazione in ambito di contrattazione collettiva, perché nel rapporto individuale fra lavoratore e datore di lavoro molte delle questioni rischiano di non trovare risposta. Naturalmente, essendo di norma legato alla trasformazione dell’organizzazione del lavoro, la contrattazione decentrata diventa decisiva per regolare le ricadute organizzative e contrattuali, effettivamente calate nelle differenti specificità aziendali e settoriali. In ambito pubblico il recente decreto ministeriale costituisce invece un passo indietro e una scelta sbagliata rispetto al coinvolgimento dei lavoratori e del sindacato, che sono fattori decisivi per accompagnare un cambiamento veloce come questo. La trasformazione indotta dal lavoro agile è una delle tante trasformazioni che in questi anni stanno cambiando le relazioni e il ruolo che il sindacato deve giocare nei luoghi di lavoro. Rimane aperto il tema della rimodulazione e delle riduzione dell’orario di lavoro che rappresenta una delle questioni che devono essere affrontate, per ribaltare un modello che appare ancora polarizzato fra orario "fuori controllo", in certi ambiti e per certe professioni, e la crescita di part-time involontario e lavoro povero in altri settori.
Nella rubrica Osservatorio Futura di Collettiva.it si può scaricare il pdf del Rapporto completo sulla situazione economica e sociale dell'Italia della pandemia, con le risposte sulla scuola, la situazione finanziaria delle famiglie e un focus specifico sullo smart working.