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I sindacati hanno riempito le piazze d’Italia. Da Bolzano a Palermo, la parola d’ordine, una volta di più, è stata Lavoro. Ripartire dal Lavoro è la richiesta che Cgil Cisl e Uil consegnano al governo, in un momento storico di grande fragilità, in cui la piena della pandemia non è ancora passata anche se il vento che arriva da Bruxelles sembra cambiato. Lo ha detto chiaramente il segretario generale di Corso d’Italia, nel comizio conclusivo di Napoli. “È necessario cambiare perché di errori ne sono stati fatti già troppi in passato. Dieci anni fa, nel pieno della crisi finanziaria, la Banca Centrale Europea ci mandò una lettera che ci impose riforme pesantissime. La messa in discussione dello Statuto, la libertà di licenziare, la stretta sulle pensioni, le privatizzazioni. Quelle cose sono state fatte e hanno prodotto soltanto un aumento della precarietà, senza risolvere alcun problema. Anche per questo oggi l'Unione europea non ci impone altra austerità, ma ci mette a disposizione 209 miliardi di euro. Noi vogliamo partecipare alle scelte su come spendere questi soldi”.
La bussola dei sindacati indica la strada del lavoro prima di tutto. “È sotto gli occhi di tutti che il contributo che il mondo del lavoro, delle persone in carne d’ossa, non solo degli operatori della sanità ma di tutti i lavoratori dei servizi essenziali, ci ha permesso di reggere l’urto dell’emergenza sanitaria, di andare avanti e di essere un esempio virtuoso per tutta l’Europa, in uno dei momenti più complicati della nostra storia. Non è accettabile che a questi lavoratori, definiti eroi solo pochi mesi fa, oggi non si rinnovino i contratti. Non è accettabile che si voglia ripristinare la possibilità di licenziare”.
Il sindacato, dice Landini, non si accontenta di far passare la nottata: “Noi non stiamo solo protestando, noi siamo qui perché abbiamo idee e proposte concrete, vogliamo fare accordi, siamo in grado di proporre soluzioni e siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità. Noi rivendichiamo gli obiettivi che abbiamo raggiunto, dai protocolli sulla sicurezza all’estensione degli ammortizzatori sociali al blocco dei licenziamenti, e pensiamo che oggi rimettere al centro il lavoro non vuol dire solo difenderlo: vuol dire che questo Paese può cambiare solo con il contributo, l’intelligenza e la partecipazione di tutti quelli che per vivere han bisogno di lavorare. Lo diciamo al governo, alle imprese e a tutti gli attori sociali”.
È un sindacato di lotta, ma soprattutto di proposta quello che viene fuori dalla sintesi che Landini fa di questi mesi difficili. Preoccupato da quello che si sente sull’utilizzo del Recovery Fund. “Bisogna uscire da una logica che non ha prodotto risultati. Non va bene che ogni ministero o regione o comune presenti la sua soluzione. Inseguire centinaia di progetti diversi per rispondere alle pressioni e agli interessi locali significa buttare i soldi. Bisogna individuare priorità, disegnare un coordinamento che porti avanti una linea precisa. Nel mondo è in atto una guerra commerciale e tecnologica che sta ridefinendo gli equilibri: pensare che la soluzione possa essere locale o nazionale è raccontarci balle. Qui da solo non si salva nessuno. Ci si salva tutti insieme o non ci si salva”.
Le priorità del sindacato sono quelle che da anni si ostina, spesso inascoltato, a difendere. “Una riforma degli ammortizzatori sociali, investimenti per creare nuovi posti di lavoro e per superare la precarietà. Per questo contestiamo lo scempio di quell’accordo antisindacale firmato dall’Ugl per i rider che ha significato giocare sulla pelle dei lavoratori, da parte di soggetti che dovrebero dimostrare chi rappresentano davvero”.
Investire nel Mezzogiorno, non a caso a giugno del 2019 Cgil Cisl e Uil si ritrovarono per una grande manifestazione nazionale a Reggio Calabria: “se vogliamo rilanciare il nostro Paese e cambiare l’Europa si riparte dal Sud, facendo le infrastrutture, combattendo l’illegalità, rimettendo al centro l’istruzione e la scuola. Del resto, a guardare la cartina, tutta l’Italia è nel sud dell’Europa”.
“Investire su salute e sicurezza, sulla sanità pubblica, perché la salute e la sicurezza non sono un costo, ma un diritto. Quello che è avvenuto con il covid è che abbiamo pagato un prezzo enorme – alcune zone più di altre – per i tagli alla sanità pubblica. Non basta costruire nuovi ospedali o aprire le rsa. Il ragionamento dovrebbe essere l’opposto: noi dobbiamo recuperare tutti i tagli che abbiamo fatto negli ultimi 10 anni, circa 37 miliardi – guarda caso la stessa cifra contenuta nel Mes – e dovremmo investirli sull’assistenza territoriale. La mia utopia è chiuderle le rsa, perché ognuno di noi ha diritto di invecchiare a casa propria assistito, restando un soggetto attivo”.
E ancora, “una grande riforma della scuola: ripartire dagli asili nido e portare l’obbligo scolastico a 18 anni, perché il figlio dell’operaio – ha detto Landini dal palco di Napoli – all’università non ci va più”. Sono, questi, "alcuni esempi di come spendere quei soldi. Qui ci vuole un piano nazionale, che coinvolga, certo, anche i territori, ma dentro a scelte che vadano in una direzione chiara. C’è bisogno di riforme – afferma Landini – a partire dal Fisco”.
La conclusione della mattinata si concentra di nuovo sul lavoro. Come difendere e come crearlo. “Noi al governo abbiamo chiesto di sostenere anche le imprese, perché la priorità è non perdere neanche un posto e non chiudere neanche un’azienda. Ma da parte delle imprese è necessaria un’assunzione di responsabilità. E, laddove è necessario, lo Stato deve entrare temporaneamente nel capitale delle imprese. Poiché è arrivato il momento di darsi una politica industriale”.
Poi, rivolgendosi agli operai della Whirlpool di Napoli, in prima fila: “La vostra lotta non è personale, non riguarda solo voi, è una lotta della città, della regione, del Paese. La solidarietà dentro al gruppo Whirlpool lo dimostra. Nessuno è in grado di promettere niente a nessuno, ma tutti siamo in grado di dire che ci metteremo la faccia e l’impegno, per far cambiare idea agli americani. Lo diciamo perché mentre difendiamo il lavoro, vogliamo che si rinnovino i contratti nazionali. E converrebbe anche a Confindustria che eviterebbe così una competizione a ribasso tra le imprese. È finita la stagione dei furbetti. Qui facciamo una proposta al governo: dentro alla riforma fiscale fai detassare gli aumenti contrattuali, per dare un messaggio di speranza e sarebbe utile che Confindustria lo chiedesse insieme a noi”.
“Noi vogliamo portare a casa dei risultati, non vogliamo fare testimonianza. Vogliamo cambiare questo Paese. Senza l’unità sindacale di questi mesi e di questi anni non avremmo ottenuto tutto quello che siamo riusciti ad ottenere. Queste non è il momento di dividere, è il momento di unire, della partecipazione e della democrazia e noi – conclude Landini – che siamo la parte sana del Paese, vogliamo mettere al servizio delle persone la nostra intelligenza e il nostro impegno”.