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Guanti, mascherine, camici monouso e calzari da indossare prima di entrare nelle corsie Covid degli ospedali per pulire e sanificare gli spazi e così contribuire a non diffondere il contagio, a contenere e ridurre la pandemia. Una responsabilità enorme sulle spalle soprattutto di donne che garantiscono salubrità e sicurezza a malati e operatori sanitari in orari in cui gli altri dormono ancora o fanno colazione. Un lavoro poco considerato, ritenuto umile e proprio per questo, in un mondo che dà valore solo a ciò che “costa”, assai poco pagato – solo 7,26 euro all’ora – ma che per esser svolto prevede una formazione professionale specifica, in “aula” ad insegnare anche virologi ed infettivologi perché distinguere come “funzione un batterio o un virus è indispensabile per eliminarlo da pavimenti e suppellettili”. Ce lo racconta Anna Santo Stefano che questi corsi li ha seguiti 14 anni fa prima di entrare a lavorare allo Spallazzani di Roma, Ospedale per la lotta e la cura delle malattie infettive, e che nuovi corsi li ha frequentati qualche settimana fa quando la pandemia si annunciava anche nel nostro Paese e a chi doveva e deve garantire pulizia e salubrità è stato chiesto di “imparare” un nuovo modo di procedere. Professionalità è la parola che Anna Santo Stefano ripete con più frequenza, insieme a impegno e responsabilità.
“Senza di noi – afferma – i medici e gli infermieri non potrebbero fare bene il proprio di lavoro. E poi noi siamo anche quelli con cui i malati parlano un po’ più liberamente che con i sanitari, diamo conforto, magari riusciamo un po’ a sdrammatizzare, a rassicurare mentre spaziamo o laviamo i pavimenti”. Da quando è cominciata l’emergenza non si è mai fermata un giorno, tutte le mattine si alza quando è ancora notte e si trucca perché “bisogna avere rispetto di sé e degli altri sempre” e poi sorridente va a lavorare. Con meno diritti e meno tutele, oltre che meno salario, dei lavoratori diretti del nosocomio, lei è dipendente di una ditta – la Manutencoop – che ha vinto l’appalto.
In tutti gli ospedali, come in tutte le scuole o gli uffici pubblici il servizio di pulimento è esternalizzato così l’ente pubblico può risparmiare: bandisce una gara, stila un capitolato e poi il massimo ribasso e il gioco è fatto. Cinzia Bernadini, segretaria nazionale della Filcams ci spiega che ben l’80 per cento dell’appalto riguarda il costo del lavoro, il restante sono materiali, disinfettanti, detersivi e costi fissi. Quindi l’unico che viene compresso nella lotteria del massimo ribasso è, appunto, quello del lavoro. Eppure, ricorda la dirigente sindacale: “Per quanto riguarda l’ambito sanitario, tanto più quelli Covid, nelle mani di queste lavoratrici e di questi lavoratori è affidato lo standard di sicurezza complessivo. Mettere in sicurezza gli operatori significa garantire, oltre che la loro, anche quella di medici, infermieri e pazienti. Per questa ragione da quando siamo in emergenza abbiamo rivendicato e contrattato anche accesamente: informazione, formazione, qualità e quantità di Dispositivi di Protezione Individuale uguali per lavoratori diretti e in appalto, per operatori sanitari e addetti alle pulizie”.
Il coronavirus ha modificato molto, anche l’organizzazione del lavoro di questo comparto, l’impegno richiesto è notevole non solo dal punto di vista dell’orario e della professionalità ma anche del coinvolgimento emotivo e psicologico. Professionalità, come ci ricordava Anna Santo Stefano, ma anche paura e passione. Ed allora le rivendicazioni non sono finite. Ancora la segretaria Bernardini ci sottolinea due richieste importanti: “queste lavoratrici e lavoratori devono essere considerati nell’ambito degli operatori sanitari. E poi riteniamo sia giusto, pur con le ovvie differenze, che i premi economici previsti dal governo e distribuiti dalla Regioni per il personale in prima linea, vadano anche a loro. Occorre trovare il meccanismo perché medici e infermieri sono dipendenti regionali mentre questi lo sono di ditte private che erogano il servizio in appalto, ma non possono essere ancora una volta considerati lavoratori si serie b”.
Riconoscimento del ruolo e del valore sociale di questa professione, questo il tema che pone la dirigente Filcams. Lo pone per chi opera all’interno degli ospedali, ma anche per tutti gli altri pensando alla fase due. Cosa significa pulire e sanificare costantemente i luoghi di lavoro, come previsto dai protocolli per la sicurezza in vista delle riaperture (e che in parte già sono in attività)? Supermercati e ipermercati non si sono mai fermati, cosa significa sanificarli e pulirli? Il contenimento della pandemia dipende anche da questa attività, e chi la svolge deve essere considerato e valorizzato.
Sono circa 600 mila gli addetti del settore, circa il dieci per cento opera in sanità, a tutti è applicato lo stesso contratto: multiservizi settore pulimento. Fermo da ben 7 anni, non si riesce a rinnovare perché incagliato su un punto che a pensarci bene oggi appare davvero paradossale: come retribuire i primi tre giorni di malattia. I sindacati, come è ovvio, chiedono che sia al 100/100 a carico dell’azienda (a carico dell’Inps si è dal 4 giorno in poi) i datori di lavoro non ci stanno. Non esistono eroi, esistono lavoratori e lavoratrici che compiono responsabilmente il proprio dovere, qualunque esso sia: assistere malati, somministrare terapie, sanificare e pulire ambienti. Nessuno deve essere invisibile e l’unico modo per farli uscire dal cono d’ombra dove troppo spesso vengono spinti è riconoscere il valore sociale del ruolo che svolgono. Lo strumento esiste, si chiama Contratto Collettivo Nazionale di lavoro che definisce salario tutele diritti. Dignità. E’ davvero arrivato il momento che anche per le tantissime Anna Santo Stefano il contratto venga rinnovato.