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Lam Magok Biel Ruei, vittima di Osama Almasri, denuncia per sua iniziativa il governo italiano per “favoreggiamento”. Il motivo risiede nelle condotte dei ministri della Giustizia, Caro Nordio, dell’Interno, Matteo Piantedosi, e della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che “hanno sottratto il torturatore libico alla giustizia” .
In un comunicato stampa dell’associazione romana Baobab Experience, dove Lam Magok è ora ospite, si legge: “L’inerzia del ministro della Giustizia, il quale avrebbe potuto e dovuto chiedere la custodia cautelare del criminale ricercato dalla Corte penale internazionale, e il decreto di espulsione firmato dal ministro dell’Interno, con l’immediata predisposizione del volo di Stato per ricondurre il ricercato in Libia, hanno consentito ad Almasri di sottrarsi all’arresto e di ritornare impunemente nel suo Paese di origine, impedendo così la celebrazione del processo a suo carico”.
Esiste un comunicato ufficiale della Corte penale internazionale del 22 gennaio 2025 che, secondo Francesco Romeo, legale di Lam Magok, “dimostra che le autorità italiane erano state non solo opportunamente informate dell’operatività del mandato di arresto, ma anche coinvolte in una precedente attività di consultazione preventiva e coordinamento volta proprio a garantire l’adeguata ricezione della richiesta della Corte e la sua attuazione”.
In quello stesso comunicato si riporta inoltre che le autorità italiane hanno chiesto espressamente alla Corte penale internazionale di non commentare pubblicamente l’arresto di Almasri, dimostrando, quindi, di esserne a conoscenza. “Il silenzio del ministro Nordio – commenta Lam Magok – è stato chiaramente funzionale alla liberazione di Almasri”.
Un silenzio prolungato, spiegano da Baobab, quello del ministro della Giustizia, tenuto in aperta e plateale violazione dell’art. 59 della l. 232/99 (legge di ratifica dello Statuto della Corte penale internazionale) che impone allo Stato destinatario di una richiesta di arresto della Corte di prendere “immediatamente” provvedimenti per garantire l’arresto della persona di cui è stata richiesta la cattura e dell’art. 2, comma 3 della l. 237/2012 (norme per l’adeguamento alle disposizioni dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale) che prevede che “il ministro della Giustizia nel dare seguito alle richieste di cooperazione assicura che sia rispettato il carattere riservato delle medesime e che l'esecuzione avvenga in tempi rapidi”.
“Prima ancora del rilascio del ricercato – proseguono -, il volo destinato a ricondurlo in Libia era in rotta per Torino addirittura in anticipo rispetto alla decisione di scarcerazione della Corte d’appello. La decisione di adottare il decreto di espulsione da parte del ministro dell’Interno Piantedosi è stata condivisa con la presidente del Consiglio, come dichiarato e rivendicato dalla stessa Giorgia Meloni in un video pubblicato su Facebook”.
“Motivi di sicurezza dello Stato”, così Piantedosi giustifica l’allontanamento del criminale. Un criminale, tuttavia, che “non è pericoloso in Italia, ma in Libia: è in Libia – dichiara Lam Magok - che ha commesso i crimini di guerra e contro l’umanità per i quali è ricercato dalla Corte penale internazionale e che, grazie alla condotta del Governo italiano, continuerà a perpetrare a danno di donne, uomini e bambini”. È infatti chiaro che in Libia nessuno consegnerà il capo della Polizia giudiziaria alla giustizia.
“Secondo la giurisprudenza, l’espulsione prevista per motivi di sicurezza dello Stato (ex art.13 comma 1 del Testo Unico sull’Immigrazione) ha quale scopo primario quello di prevenire futuri reati sul territorio italiano, di evitare che la presenza dello straniero sul territorio nazionale possa agevolare organizzazioni o attività terroristiche o, comunque, mettere in pericolo la sicurezza dello Stato – si continua a leggere nel comunicato-. Ma come riporta il legale di Lam “non risulta che Almasri abbia mai compiuto attività di tale natura sul territorio nazionale e che ci sia il rischio che possa porle in essere; differentemente i gravi reati di cui Almasri si è macchiato in Libia hanno prodotto un mandato di arresto”.
Osama Almasri è indagato per crimini atroci quali detenzione illegittima, persecuzione, trattamento crudele, tortura stupro, violenza sessuale e omicidio. “Io sono stato vittima e testimone di queste atrocità, orrori che ho già raccontato alla Corte penale internazionale – commenta Lam Magok – ma il Governo italiano mi ha reso vittima una seconda volta, vanificando la possibilità di ottenere giustizia sia per tutte le persone, come me, sopravvissute alle sue violenze, sia per coloro che ha ucciso sia per coloro che continueranno a subire torture e abusi per sua mano o sotto il suo comando. Una possibilità che – prosegue Lam – era diventata concreta grazie al mandato d’arresto della Corte penale internazionale e che l’Italia mi ha sottratto”.
“Faccio questo – conclude Lam – nella convinzione che l’Italia si possa ancora definire uno Stato di diritto, dove la legge è uguale per tutti, senza subire sospensioni o eccezioni, e dove le persone definite pericolose a causa dei crimini commessi vengano consegnate alla giustizia e non ricondotte comodamente nel luogo dove hanno commesso e continueranno a commettere atrocità”.