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Oltre 1 miliardo e 370 milioni di euro. È questa la cifra “monstre” che nel 2023 i Comuni veneti sono stati costretti ad accantonare in un apposito fondo a causa di crediti che difficilmente verranno onorati da cittadini e imprese. Così in una nota lo Spi Cgil Veneto.
Che aggiunge: “Stiamo parlando di multe stradali, oneri di urbanizzazione, proventi derivanti dal recupero dell’evasione, Imu e molto altro ancora, che i diretti interessati, pur dopo vari solleciti, non hanno ancora pagato e probabilmente non pagheranno mai”.
Di fatto per il sindacato ,”la somma accantonata segnala
altissimi livelli di evasione e di elusione, favoriti anche dalle politiche di condoni e rottamazioni che avvantaggiano i ‘furbetti’ a discapito delle persone oneste”.
Secondo i calcoli dello Spi in media a livello procapite ogni cittadino veneto dovrebbe sborsare circa 283 euro per coprire l’ammanco. La situazione - più volte denunciata dallo stesso Spi Cgil del Veneto da sempre in prima linea per combattere la lotta all’evasione e per promuovere la legalità - appare nel 2023 ancora peggiore dell’anno precedente, quando i crediti di dubbia esigibilità si erano fermati a quota 850 milioni e 280 mila, il 36% in
meno.
I dati - elaborati dal sindacato dei pensionati della Cgil regionale - emergono dai bilanci dei singoli Comuni pubblicati nel sito del Mef. Ogni amministrazione, infatti, nella propria contabilità prevede l’istituzione di un apposito fondo (chiamato appunto fondo crediti di dubbia esigibilità) creato ad hoc per coprire entrate che quasi certamente verranno disattese, frutto di fatto di evasione o, meglio, di mancata riscossione.
“I numeri che ogni anno vengono riportati nel sito del ministero sono davvero impressionanti - commenta Nicoletta Biancardi, segretaria generale Spi Cgil Veneto -. I soldi sottratti ai Comuni sarebbero fondamentali per il welfare, per il sociale, per l’assistenza alle persone fragili come gli anziani. Stiamo parlando di oltre un miliardo e 370 mila euro che non verranno recuperati o che verranno recuperati solo in minima parte. Quante cose utili e importanti si potrebbero fare con quelle risorse?”.
Dall’analisi dello Spi emerge che, a fine 2023, il 42,7% dei crediti attivi - che sono in totale circa 3 miliardi e 188 mila euro - non entrerà (o entrerà solo in minima parte) nelle casse dei Comuni veneti. Circa 37 milioni euro riguardano la provincia di Belluno (il 18,8% dei crediti in essere, in media 187 euro procapite ), poco meno di 369 milioni di euro quella di Padova (il 56%, 395 euro a residente), circa 116 milioni sono relativi alle amministrazioni del Rodigino (65,3%, mediamente 509 euro per ogni abitante), 140 milioni e 600 mila euro a quelle della marca trevigiana (40,4%, 160 euro procapite).
E, ancora, nel Veneziano, che detiene anche il record di crediti attivi, quelli difficilmente recuperabili ammontano a circa 360 milioni (38,9% dei crediti totali, in media b430 euro per ogni residente), nel Veronese si supera quota 210 milioni di euro (44,6%, 226 euro a cittadino), mentre il Vicentino registra un importo totale che sfiora i 140 milioni (32%, in media circa 163 euro ad abitante).
A livello di capoluoghi, Padova ha il “fondo crediti di dubbia esigibilità” più ricco, con circa 226 milioni e 500 mila euro accantonati a fronte di entrate per nulla certe. Al secondo posto di questa classifica, si piazza Venezia con più di 167 milioni e 500 mila euro che però ammontano a “solo” il 29,9% dei crediti attivi (560 milioni di euro). Guardando invece alla media procapite, Rovigo stacca tutti gli altri capoluoghi: per recuperare gli importi di dubbia esigibilità ogni singolo abitante, in media, dovrebbe sborsare più di mille euro (1.092,76 euro, per la precisione).
“Le politiche fiscali – riprende Biancardi – sono uno strumento indispensabile per contrastare le diseguaglianze e per realizzare un’equa redistribuzione delle risorse. I proventi che entrano nelle casse dei Comuni, siano essi tasse, tributi, multe, oneri di urbanizzazione e quant’altro, sono fondamentali per il welfare e ogni euro evaso è un euro sottratto alla comunità e, in particolare, alle persone che hanno più bisogno di assistenza, come gli anziani. Ecco perché, come sindacato dei pensionati, contrastiamo con tutte le nostre forze condoni, sanatorie, rottamazioni. Al di là che questi provvedimenti sottraggono soldi che potrebbero essere utilizzati per il sociale, c’è il pericolo, evidente, che molti cittadini decidano, pur potendo, di non pagare i propri debiti nei confronti delle amministrazioni locali e dello Stato certi che prima o poi arriverà un condono. Non stupisce dunque che di anno in anno il fondo crediti di dubbia esigibilità sia sempre più ricco”.
Ma, conclude la sindacalista, “ciò a discapito di chi paga sempre tutto regolarmente e di chi necessita di aiuto e di
assistenza nell’ambito del welfare territoriale. Da questo punto di vista lo Spi Cgil, all’interno della contrattazione sociale, ha sempre ribadito con forza ai Comuni la necessità di perseguire con maggiore efficacia e risolutezza la riscossione dei crediti non ancora pagati da cittadini e imprese”.