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Valditara, o meglio il ministro del blitz. La commissione Istruzione del Senato ha inopinatamente inserito – nel già opinibalissimo Dl 924 bis sul voto di condotta – un emendamento grazie al quale il governo ha deciso di stravolgere la valutazione nella scuola primaria riportandola, se non al voto secco, al giudizio secco che dal primo non si distacca molto. Il tutto, senza ascoltare nessuno.
Ed è per questo che sindacati e associazioni stanno dando battaglia per cercare di scongiurare un intervento che cancellerebbe con un tratto di penna l’ordinanza ministeriale 172 del 2020 quella che, seguendo le Indicazione nazionali del 2012, cercava di tradurre l’idea secondo la quale la valutazione deve avere “una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo”.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire con l’aiuto di Davide Tamagnini, maestro elementare, coordinatore del gruppo nazionale sulla valutazione del Mce (il Movimento di cooperazione educativa) e candidato Cgil-Valore Scuola al Cspi (il Consiglio superiore della pubblica istruzione). “Partiamo da una considerazione: meno parole usiamo meno ci possiamo capire. Ridurre la valutazione sommativa della pagella a una sola parola, per di più riferita a una disciplina complessiva, non ci dice nulla su cosa stiamo facendo. L’ordinanza 172 ci ha permesso di scrivere in una pagella gli obiettivi, il livello raggiunto, cosa fare per migliorare l’apprendimento degli studenti, ma anche il lavoro dell’insegnante”. È quella che, appunto, si chiama “valutazione descrittiva”.
Un’idea invisa all’attuale il ministro che, fedele al suo stile, ha invece tuonato: “Basta con le definizioni incomprensibili tipo ‘avanzato’, ‘intermedio’, ‘base’, ‘in via di prima acquisizione’. Al di là del giudizio analitico, vogliamo che alle elementari le valutazioni siano chiare, semplici: ottimo, buono, discreto, sufficiente, insufficiente, gravemente insufficiente”.
Tuttavia, non è affatto vero che le pagelle in questo modo sarebbero incomprensibili. Racconta Tamagnini, che insegna anche alla Bicocca di Milano, di aver intervistato tante famiglie e che dove questo metodo è stato seguito correttamente, “nessuno vuole tornare indietro. I genitori si rendono conto che il proprio figlio è finalmente ‘osservato’, ‘guardato’ e seguito nel suo percorso”.
Cosa ci dice un giudizio come “gravemente insufficiente”? Nulla, ovviamente. Così come nulla ci dice un “4”. È un bollino, una certificazione che non fa altro che cristallizzare disuguaglianze – spesso classiste – senza dire nulla su come sanarle.
La valutazione è invece formativa, continua, “se aiuta l'insegnante a modificare il suo insegnamento affinché tutti raggiungano gli obiettivi di apprendimento. Se do un voto basso, il meccanismo psicologico è: se non ce la fa, la colpa è del bambino o della bambina. In questo modo quello che facciamo è insegnargli a raggiungere un risultato, non il processo per arrivarci. E se vale il risultato, allora è normale anche che imparino a copiare”.
Per il dirigente del Mce, “la scuola non merita questo passo indietro. Non merita che tre anni vengano cancellati senza neanche un monitoraggio, una verifica di ciò che è stato fatto. Non hanno parlato con nessuno, neanche con gli insegnanti, che tra l’altro spesso si sono pagati la formazione da soli”.
Sulla stessa linea d’onda la Flc. La segretaria nazionale del sindacato della conoscenza della Cgil, Manuela Calza, fa innanzitutto una premessa che riguarda in generale l’idea che il governo ha dell’istruzione: “Respingo a priori la contrapposizione tra una scuola seria che promuove l’apprendimento e una inclusiva che promuove la crescita armonica della persona. Sono due aspetti della stessa medaglia e la scuola della Repubblica è quella che, rispondendo all'articolo 3 della Costituzione, rimuove gli ostacoli e accompagna nel cammino per diventare cittadine e cittadini consapevoli e responsabili”.
E se questo è vero, “la valutazione formativa è fondamentale per questa crescita, perché individua forze e debolezze e aiuta ciascuno a esprimere le proprie potenzialità”. Per Calza è, cioè, “l’opposto della scuola del merito che stigmatizza le differenze”.
Ma non solo: la valutazione formativa è un processo che valorizza anche la figura del docente. “Molti insegnanti – continua la dirigente della Flc – si sono messi in gioco con una formazione seria e rigorosa, che ha sollecitato una crescita nella didattica attraverso una riflessione su quanto fatto in classe e con una continua progettazione e riprogettazione degli interventi didattici”. In sintesi: la valutazione formativa offre ai docenti strumenti per crescere in termini di professionalità e ad alunne e alunni una prospettiva di crescita democratica”.
Insomma tornare indietro sarebbe veramente un duro colpo. Anche perché c’è chi teme che sia solo un primo passo per tornare al voto numerico. E il voto numerico, come diceva Giancarlo Cerini, grande protagonista della scuola democratica è “nazional-popolare” e dunque pericoloso.